Pubblicato il 8 Giugno 2023
di Fabio Brisighelli*
E’ uscito nei giorni scorsi il programma della stagione lirica 2023-2024 della Scala di Milano: novità tra le più interessanti del ricco cartellone operistico la messinscena dal 20 di marzo al 10 di aprile di Guillaume Tell (nell’originale francese), capolavoro terminale di Gioachino Rossini, il sublime canto del cigno del grande compositore pesarese. Lo segnaliamo in questa pagina segnatamente per un motivo, di spiccato rilievo: sul podio c’è a dirigerlo Michele Mariotti, stella ormai fissa del palcoscenico internazionale, consolidato punto di riferimento nella conduzione d’orchestra per i maggiori teatri nazionali ed esteri.
Il nostro direttore pesarese, bacchetta duttilissima e che ha comunque dall’inizio della carriera Rossini tra i suoi precisi richiami nel teatro in musica, è chiamato a distanza di tempo a un emozionante confronto con un più anziano, illustre collega, Riccardo Muti, che nel Guglielmo Tell inaugurale (nella traduzione italiana) della stagione scaligera del 1988-89, in quegli anni in cui della programmazione del teatro milanese è stato l’ encomiabile punto di riferimento, trasmise al pubblico un’incomparabile seduzione d’ascolto, riassunto nel brivido del trascinante finale.
C’è peraltro una sorta di collegamento “parentale” con Muti in questa prossima edizione dell’opera: la regia della quale è affidata alla figlia Chiara, una presenza ormai stabile e apprezzata nell’allestimento del melodramma.
Mariotti ha a disposizione per la performance in oggetto una compagnia di canto di larga affidabilità rossiniana, di sicuro stampo belcantistico, che nei ruoli principali vede il basso Michele Pertusi nel ruolo del titolo, il tenore Dmitry Korchak nel ruolo di Arnold e il soprano Marina Rebeka in quello di Mathilde.
Se pregustiamo la presenza di Mariotti nell’opera rossiniana alla Scala, è anche perché nella conduzione di questa abbiamo avuto esperienza di lui anni fa, nell’agosto del 2013, al Rossini Opera Festival. In quel suo approccio alla mirabile partitura il nostro direttore si faceva carico di trasmettere all’ascolto il principio edonistico, di attribuzione rossiniana, del “cantar che nell’anima si sente”: pronto, come si rivelava, a trasportarti sin dalla meravigliosa sinfonia iniziale in un’atmosfera di trasognata serenità, in un’aura di riposata magia, che nella stessa si misurano con le accensioni sconvolgenti dei suoni sottolineate con scartamenti dinamici al fulmicotone.
Traducendo il suo gesto fluido e preciso in bellezza di note, Mariotti percorreva con luminosa espressività quei luoghi musicali in odore di sublime disseminati in crescendo dal compositore all’interno della partitura: dal realismo del “Ranz des vaches” (i suoni onomatopeici delle vacche al pascolo) nella sinfonia iniziale, all’ebbrezza ascensionale del finale dell’opera, dove la musica s’avvita in un empito liberatorio incielandosi sulle alte sfere dell’universo. Lo assistevano in modo impeccabile le voci di Nicola Alaimo (Tell), di Juan Diego Flórez (Arnold) e di Marina Rebeka (Mathilde), che si ripropone col maestro alla Scala.
Pregustiamo sin da ora, per la ‘prima’ di Milano, un nuovo, sicuro successo.
*critico musicale