Pubblicato il 22 Giugno 2022
di Fabio Brisighelli
Il direttore artistico della stagione lirica del Teatro delle Muse, Vincenzo De Vivo, non ha voluto mancare all’appuntamento con la festa della Musica, l’evento musicale nel mondo (coinvolge più di 120 nazioni) che il 21 di giugno celebra il solstizio d’estate. Nella sala del Ridotto, ha tenuto un incontro con il pubblico con riguardo alle opere programmate per i mesi di settembre e ottobre. Com’è noto, la stagione lirica di Ancona 2022 offre due nuove produzioni, Attila di Giuseppe Verdi e Il matrimonio segreto di Domenico Cimarosa. La prima va in scena venerdì 30 settembre alle ore 20.30 e domenica due ottobre alle ore 16.30; la seconda è programmata per venerdì 14 ottobre alle ore 20.45 e domenica 16 ottobre alle ore 16.30.
Il relatore è tornato sui due titoli a distanza di un paio di mesi dalla presentazione ufficiale, e lo ha fatto allargando il discorso alle scelte seguite nella realizzazione dei due allestimenti, dopo aver ricordato le coordinate generali dei due lavori in musica, corredando l’esposizione con la proiezione di alcune immagini.
Attila, lo ricordiamo, è opera del Verdi giovane (prima rappresentazione: Teatro La Fenice, 1846) dei cosiddetti “anni di galera”, quel decennio dell’Ottocento in cui in nostro massimo compositore lirico compone indefessamente per consolidare il successo ottenuto nel 1842 con il Nabucco. E’ un dramma lirico in un prologo e tre atti su libretto di Temistocle Solera, ripreso e completato da Francesco Maria Piave. Con esso siamo nel clima del melodramma risorgimentale, dove la musica verdiana, legata nello specifico a una trascinante “coralità” inseritanella vocalità dei singoli attori della vicenda, diventa in qualche misura la colonna sonora dell’italica riscossa.
La più famosa tra le commedie in musica di Cimarosa, su libretto di Giovanni Bertati (prima rappresentazione: Vienna, Burgtheater, 1792) -per il compositore una commissione, da parte di Leopoldo II imperatore austriaco, di grandissimo successo-, conclude la grande stagione dell’opera comica italiana nel Settecento, avviata dai celebri “intermezzi” pergolesiani (“La serva padrona”. 1733). Questo “comico” cimarosiano peraltro, riscattato dalla facile vena farsesca da commedia dell’arte, entra nella psicologia dei personaggi, che vi figurano con schietta naturalezza, sottile ironia e patetica sensibilità.
De Vivo, con la sua proverbiale “vis” descrittiva, da affabulatore nato, nel suo percorso illustrativo si è soffermato in modo particolare sulle novità del taglio scenico conferito all’allestimento delle due opere, con l’ausilio dei due registi, nell’ordine Mariano Baduin e Marco Baliani, e con lo stesso scenografo, Lucio Diana, per l’una e per l’altra. Per Attila, si rifugge innanzitutto dai tradizionali vestimenti e cimieri in stile “orde barbariche”: nell’opzione visiva da “teatro nel teatro” – dunque “metateatrale”, ma nel rispetto della drammaturgia – i personaggi, riportati a una dimensione popolare e corale -visti con gli occhi di un popolo ottocentesco-, assistono alla rappresentazione su un prato dove sorge un palcoscenico, immerso in una natura che funge da coprotagonista.
Nel Matrimonio, il cui libretto e la musica godettero della piena stima di Goethe e Stendhal, si assiste ai contorti intrecci matrimoniali che coinvolgono, tra gli altri, il protagonista Geronimo, la figlia, il marito segreto e il nobile spasimante all’interno di una dimora dove non ci sono muri ma tende, che diventano di volta in volta gli spazi mobili della vicenda. La musica e il canto sono destinati a fare il resto, con il maestro Guidarini ad esempio che riporta Attila all’interno del ‘belcanto’, che com’è noto ha avuto all’epoca Bellini e Donizetti come gli ultimi esponenti di spicco.