Antonella Ruggiero: “Il mio ritorno a Musicultura”

Pubblicato il 18 Giugno 2021

di Stefano Fabrizi

Un po’ di storia: tre articoli sui Matia Bazar del 1976, 1981 e 1982.

Ci accoglie Roberto Colombo, compagno di Antonella Ruggiero, con un bel sorriso e ci presenta. Lei, tranquilla, forse un po’ stanca, parla, si racconta sollecitata dalle domande e dalle osservazioni che a mano a mano si fanno strada nel colloquio. Intanto ci sono gli ultimi preparativi per allestire il palco in via Vittorio Veneto dove da lì a poco l’artista si sarebbe esibita nell’ambito degli appuntamenti della Controra di Musicultura a Macerata. E a supervisionare le ultime cose è proprio Colombo che già conosciamo come collaboratore della Pfm dove in alcuni tour è stato anche tastierista.

Bello ritornare a Macerata

Per Antonella Ruggiero Musicultura è un ritorno «un gradito ritorno a Macerata». «Qua, si respira sempre una bella atmosfera – esordisce Ruggiero – sia per la città che per questo evento, Musicultura, che accoglie tutti sempre con grande gentilezza e attenzione. Ed è anche un modo per ritornare su un palco e incontrare gente: un miracolo che tutti attendevamo con ansia».

L’esperienza dei Matia Bazar

«Sono stati i miei primi e intensi anni nel mondo della musica: 14 anni vissuti intensamente durante i quali abbiamo girato il mondo. Eravamo un team molto affiatato. Ora, magari, non ci sente molto spesso con i reduci del gruppo, ma il ricordo è intenso e pieno di emozioni. Con la nostra musica abbiamo varcato  cortine geopolitiche impensabili come l’Urss. Pieni di momenti magici i tour nell’America Latina e il Giappone. In alcuni luoghi c’erano tensioni e coprifuoco, ma la musica (come ha scritto Fossati) ce l’ha fatta, è passata. Perché la musica è un linguaggio universale e riesce ad abbattere tutte le frontiere e cancellare tutte le censure».

Dal 1975 sempre sul palco 

«Sono 46 anni dalla prima volta che sono salita su un palco – racconta l’artista – e ho proseguito senza mai fermarmi al primo successo. Sono molto curiosa di natura e nel corso di questo periodo mi sono cimentata in diversi stili e sonorità compresa la musica sacra. Ho scritto, ma soprattutto ho continuato a interpretare vestendo della mia sensibilità ogni brano che presentavo al pubblico. Di autori che prediligo ce ne sono veramente tanti e farei un  torto citandone solo alcuni. Per esempio nel mio concerto porto “Ritornerai” di Bruno Lauzi, “Ave Maria” di Fabrizio De Andrè, per rimanere nell’ambito genovese, oppure Linda Mimosa di Cesaria Evora. Come non possono mancare “Ti sento”, Per un’ora d’amore”, Cavallo bianco” , “Vacanze romane”. C’è pure “Impressioni di settembre”, un pezzo della Pfm che mi porto dietro da quando abbiamo fatto un tour dove ci siamo scambiati i brani: bellissima e strana esperienza».

La pandemia, una sospensione inimmaginabile

«Negli ultimi anni il mondo correva in maniera acritica e troppo velocemente bruciando in modo inconsulto energie e sentimenti. Le persone erano troppo prese dai loro egoismi e la collettività ne soffriva. Nulla sembrava frenare questa discesa verso il basso. Poi è arrivata la pandemia. Una tragedia immensa. C’è voluto lo spettro della morte, uno spettro reale e non immaginario, a far fermare tutto, a creare un’atmosfera rarefatta e sospesa. Il mondo ha ripreso respiro e animali, piante, oceani hanno avuto benefici dall’allontanamento dell’uomo. E l’uomo ha riscoperto i valori della solidarietà e del bene comune. E’ stato un momento di riflessione collettiva. Ora, speriamo che la lezione sia stata compresa. E con l’arte si può ripartire, dobbiamo farcela».

Macerata, 16 giugno 2021

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