Un mio ricordo di Ornella Vanoni… correva l’anno 1978 e la vidi nuda… e l’intervista saltò

Pubblicato il 22 Novembre 2025

di Stefano Fabrizi

Era l’agosto del 1978 quando andai come giornalista del Corriere Adriatico al JaBi di Marotta (ora Miu) per il recital di Ornella Vanoni. Senza gentile e affabile la padrona di casa Jacqueline Donna che aveva riservato un tavolo per me e l’inseparabile fotografo Giorgio Pegoli. La prima domanda che facevo a Jacqueline quando c’era da intervistare l’ospite era: “Di che umore è?”, tanto per prepararsi con lo stato d’animo giusto per affrontare l’intervista. “Per ora non ha voluto parlare con nessuno, si è piombata nel camerino e non ha voluto parlare con nessuno. So solo che appena finito il concerto se ne vuole andare subito per raggiungere Milano”. Capito, o provo a fare subito le “quattro chiacchiere” oppure le possibilità scendono a un minuscolo lumicino. Tant’è che decido di fare “irruzione” nel camerino, male che vada mi manda a… quel paese.


E così senza dire nulla mi avvicino alla porta che conduce ai camerini. Spieghiamo prima la logistica: la porta si trova nella parete posteriore del palco interno del locale. Aprendo la porta c’è subito una breve rampa di scala che porta su un corridoio lungoe stretto con ai lati l’ingresso ai camerini, quindi appena si apre la porta si ha subito una visuale del corridoio. Busso varie volte, ma senza alcuna risposta. Quindi decido di aprire quella porta (della serie “non aprite quella porta”) e mi si “apparecchia” davanti agli occhi una scena assolutamente inaspettata: una figura femminile completamente nuda e glabra che, per la mia visuale, partiva dai piedi per arrivare verso una chioma rossiccia e riccioluta. Era distesa su una sedia reclinabile davanti a una lampada solare che dava alla pelle una colorazione tra il verde e il blu. Un impatto che non ho mai dimenticato, anche perché assolutamente non prevedibile. E dal fondo del corridoio una voce “annoiata” che chiedeva che fosse l’intruso. Io, credo balbettando, mi sono presentato chiedendole di fare un’intervista (in verità volevo darmela a gambe, ma l’apparato motorio non ha risposto).


“Oiii, mai un attimo di pace… c’è sempre una rottura di coglioni, eppure avevo detto che non volevo vedere nessuno… bhè che fai, ti ha mangiato la lingua il gatto, oppure non hai mai visto una donna nuda… aaaah siamo messi bene. Aspetta lì!!!”. Praticamente travolto da una valanga di parole con diversi intercalari che vi lascio solo immaginare.


Comunque, sta il fatto che la donna (Ornella Vanoni, ovviamente) si è alzata dalla sedia, ha spento la lampada solare ed è scomparsa nel camerino, ricomparendo in pochissimo tempo fasciata da una vestaglia di seta colorata. Un sorriso (anche questo inaspettato) e un invito ad avvicinarmi. E allora sono partito con la scaletta di domande che lei mi ha quasi interrotto quasi subito. “Dai lasciamo perdere le solite domande – ha esclamato – Tanto non ti racconto nulla”, sorrisino sarcastico.


Ed è lei che ha iniziato a farmi le domande di ogni tipo dove abiti, se mi piace andare a rompere le palle alle persone, quanto sei alto… insomma, a dirla tutta per l’intervista non ho “guzzato un chiodo” (forma dialettale), ma è stato il tutto molto divertente, anche perché sono riuscito anche a rilassarmi. Un episodio che ricordo con piacere e che mi ha fatto conoscere una persona dalla marcata ironia. Poi il concerto dove sono stato oggetto di qualche occhiata accompagnata da un inarcamento del labbro a mo’ di malcelato sorriso.


Dopo quella volta, ho avuto modo di rivederla diverse altre volte tra teatri e locali. Ma di quell’episodio non se n’è mai fatto più menzione. Ciao Ornella.

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