Pubblicato il 13 Luglio 2025
di Stefano Fabrizi
Il Corriere Adriatico compie 165 anni, e di questi 45 ne ho passati insieme. Una conoscenza iniziata nel 1975. Inizialmente era un flirt, poi è diventato una sentimento che ci ha visto uniti ufficialmente solo nel 1987, quando ho avuto il mio primo contratto. Alti e bassi, tra passione e battibecchi, affetto e litigi. Fino al 1° novembre 2020 dove è arrivata una separazione consensuale. Non so per il Corriere, ma per me l’affetto è rimasto intatto. Tant’è che ora mi trovo a scrivere sul mio giornale online marcheinfinite, nato il 21 giungo del 2021, per mantenere intatta la mia passione verso questo lavoro che continuo a ritenere tra i più belli del mondo: il giornalismo.
Ma andiamo con ordine.
Era il 1975 quando ho iniziato a frequentare il Corriere Adriatico. Io studente di Medicina (allora la sede era a Posatora, ora non è più lì a causa della frana del 1982). Per raggranellare qualche lira, su invito di un amico, Stefano Torelli (era parente di un tipografo, Conti), ho iniziato a fare il correttore di bozze (figura quasi mitologica, che è scomparsa nel tempo). A capo dei correttori c’era l’Avvocato (non mi ricordo il nome) che controllava solo i titoli, mentre a noi (solitamente tre per sera) toccavano gli articoli, definiti pisciate. Non era un termine dispregiativo, ma solo la figurazione della caratteristica di quello che ci arrivava sotto mano: una lunga striscia di carta con l’articolo che poi sarebbe stato impaginato. Una rapida lettura e là dove trovavamo errori o refusi accanto ci si metteva a matita la correzione. La pisciata tornava al proto che la portava al linotipista che apportava le correzioni.
Pur avendo uno stanzino nostro, l’ambiente era sempre molto caldo perché eravamo accanto alle linotype, macchine che avevano un serbatoio dove c’era del piombo fuso che scorrendo attraverso dei canali costruiva i caratteri che batteva il linotipista. Sembrava una bolgia dantesca.
Intanto, facevo conoscenza dei giornalisti, figure quasi da venerare, anche perché erano al piano di sopra. Ogni tanto facevo capolino in redazione. In quel tempo il direttore era Dario Beni jr. (dal 1971 al 1987). Romano, proveniva da Paese Sera, fu chiamato dall’imprenditore Franco Sensi a dirigere il Corriere Adriatico. Beni aveva portato anche altri colleghi romani tra i quali Pino Scaccia (il vero nome era Giuseppe Schiaccianoce, ma per tutti era Pino). Giovane, dinamico, simpatico e cordiale. Amicizia quasi immediata. Tant’è che a gennaio del 1976 chiesi a Pino se mi faceva scrivere qualcosa e così nel febbraio di quell’anno comparse la mia prima firma sul Corriere Adriatico sotto una breve colonna dove commentavo la hit parade di Lelio Luttazzi che andava in onda su Radio 1 la domenica. Uauuu, che soddisfazione! La mia firma sul Corriere. Una emozione che è rimasta scolpita nella memoria, scalfita solo dall’espressione di mio padre, che pur orgoglioso, mi disse: “non è che ora studi di meno a Medicina?”. Parole profetiche.
E così che dalla hit parade sono passato a fare interviste e recensioni nel campo degli spettacoli. A volte si usciva in gruppo: Pino, Kruger Agostinelli (all’epoca tra i dj più conosciuti della regione e titolare di un negozio di dischi a Falconara) e Franco Elisei (anche lui prima studente a Medicina, poi giornalista al Corriere e poi al Messaggero, ora presidente dell’Ordine dei Giornalisti delle Marche). I locali della zona facevano a gara per ospitarci (uno fra tutti il Covo Nord Est di Senigallia di Antonio Carraro). All’epoca il giornalista aveva il suo fascino, d’altronde i social non c’erano e carta stampata, tv e erano gli unici mezzi di informazione.
Ecco ora ci sarebbe da raccontare una infinità di episodi accompagnati da foto e filmati d’epoca sia all’interno della redazione che durante le interviste (una volta erano di persona). Li lascio per ora nel cassetto. E vado direttamente al grande salto: nel 1987 ho avuto il mio primo contratto di collaborazione (direttore Dario Beni jr) nella sede di Senigallia. E nel 1989 il contratto definitivo alla sede centrale di Ancona con il direttore Arnaldo Giuliani. E dopo di lui sono arrivati Francobaldo Chiocci, Paolo Biagi, Sesto Egidi, Roi Gianni, Paolo Traini e Giancarlo Laurenzi. E ho conosciuto due grandi editori: Franco Sensi e Francesco Gaetano Caltagirone, che ha passato il timone alla figlia Azzurra. Tante storie da raccontare. Per ora mi limito a ricordare una frase iconica che mi frulla da sempre nella testa: È la stampa, bellezza! pronunciata da Humphrey Bogart nel film “L’ultima minaccia” (1952), mentre assiste alla messa in moto della rotativa che stampa il giornale.




