“Ponte d’Arte” a Padova: il fermano Sandro Pazzi tra i protagonisti del dialogo culturale Italia-Cina

di Alex Marè

Padova diventa crocevia di culture con la mostra “Ponte d’Arte. Dialogo pittorico e interazioni artistiche tra Cina e Italia”, inaugurata il 21 giugno alla Galleria Cavour. L’iniziativa, visitabile fino al 13 luglio, è organizzata dall’Istituto Confucio dell’Università di Padova in collaborazione con Guangzhou University e l’Associazione Alumni della Guangzhou Academy of Fine Arts. A impreziosire questo ponte culturale tra Oriente e Occidente c’è anche la presenza significativa del fermano professor Sandro Pazzi, incisore e artista, che ha portato la propria cifra stilistica in un contesto internazionale di grande valore.


L’esposizione riunisce oltre 30 artisti italiani e cinesi per un totale di circa 100 opere, tra pittura a olio, inchiostro, incisioni e xilografie, mettendo in luce la coesistenza tra tradizione e innovazione, tra Oriente e Occidente. Il progetto si ispira allo spirito della Via della Seta Marittima, rievocando lo scambio secolare tra i due mondi in chiave artistica e contemporanea.

La partecipazione del professor Pazzi rappresenta per il territorio marchigiano un importante contributo: il suo lavoro, fondato sull’incisione come linguaggio espressivo profondo, si innesta nel dialogo visivo proposto dalla rassegna, sottolineando come le Marche continuino a partecipare attivamente al panorama culturale nazionale e internazionale.


Nel corso dell’inaugurazione, oltre ai saluti istituzionali, si è tenuta una conferenza dal titolo “Connessione tra pittura cinese e musica”, con il professor Li Huang e Giulio Xie, arricchita dall’esibizione musicale al guqin, antico strumento a corde.


La mostra è a ingresso libero e sarà aperta fino al 13 luglio: giovedì dalle 15:30 alle 19:30; venerdì, sabato e domenica dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 15:30 alle 19:30. Un appuntamento che rafforza ancora una volta il ruolo centrale dell’arte come spazio di incontro e confronto, con le marche rappresentate.




Alla Torre di Moresco Centro Arti Visive inaugura il 28 giugno 2025 la personale di Matteo Costanzo dal titolo American Drumpf

Il TOMAV EXPERIENCE – Torre di Moresco Centro Arti Visive, in collaborazione con Ipsumars, inaugura negli spazi del Tomav di Moresco (FM) _ sabato 28 giugno 2025 ore 18 _ la personale di Matteo Costanzo dal titolo American Drumpf a cura di Barbara Caterbetti

Matteo Costanzo (Roma, 1985) torna al Tomav di Moresco – del 2022 e’ la sua personale “Nessuno e’ padre ad un altro” a cura di L. Madaro – con un  progetto rimodulato e implementato ad hoc per gli spazi della torre. La mostra dal titolo “American Drumpf” a cura di Barbara Caterbetti – lavoro gia’ presentato, ma nella versione piu’ “compressa”, come evento collaterale della fiera PaviArt 2025 – dara’ vita con sticker_painting, video loop, installazioni  ad una sorta di incursione corsara tra le icone e i simboli americani colpiti da una crisi così profonda da rimettere in discussione i nostri modelli di vita, di progresso e di democrazia.

In questo periodo di forte inquietudine l’arte, per Costanzo, può essere il campo di battaglia per riflettere su nuove possibili direzioni che apportino quei radicali cambiamenti in grado di minare uno status quo al tramonto. 

Nota

BIOGRAFICA

Matteo Costanzo (Roma, 1985) agisce tramite tagli e ibridazioni. Miscela elementi di pittura e scultura ai linguaggi digitali dei software e delle intelligenze artificiali. Il lavoro – che prende forma in oggetti, performance, installazioni –  è caratterizzato dalla notevole quantità e varietà di contenuti visivi, prelevati dai media e poi manipolati, alterati e post prodotti. Da un punto di vista poetico Costanzo affronta un sentimento di sfiducia sociale nei confronti delle immagini e delle narrazioni. Costanzo ha studiato all’Accademia di Urbino e ha preso parte a diverse residenze artistiche tra cui Bocs Art Cosenza, Viafarini Milano e Ramo a Giulianova. Tra le personali si segnalano: La Maschera del Destino, Spaziosei, Pescara; Nessuno è padre ad un altro, Tomav, Moresco, a cura di Lorenzo Madaro; SITCOM, Sondare l’altrove, Pesaro a cura di Gabriele Tosi. Tra le collettive: Lezioni di Resistenza, Spazio Y, Roma; Riportando tutto a casa, Museo delle Navi Romane, Nemi; Terrazza due mondi, Spoleto; Tales from the inside_out: Wander the edge, Co_Atto, Milano; I Sibburchi, Polka Puttana-Eresie Pellegrine, Lecce; Tra Luci ed Ombre, Forte Malatesta, Ascoli Piceno; Presenti!, Palazzo Lucarini Contemporary, Trevi; Existence is co-existance, MOCA-feast, Monsano. È stato finalista del Premio Arteam nel 2018, del Premio Fabbri 2020, del Premio Nazionale delle Arti XII 2017 e del Premio Combat 2023. Nel 2014 vince la Biennale Giovani Artisti Marchigiani e nel 2018 vince la 68° edizione del Premio Salvi. Viene inserito nelle pubblicazioni “Annuario d’arte italiana 2022” Quadriennale di Roma e “222 artisti emergenti su cui investire”, 2024, di Exibart. 




Grande successo alla Galleria BOX/3 di Senigallia per l’inaugurazione della mostra di Beatrice Bolletta ARRAKIS

Grande successo e partecipazione di pubblico a Senigallia lo scorso 21 giugno 2025, in occasione dell’inaugurazione della mostra di Beatrice Bolletta ARRAKIS, curata da Simona Zava e ospitata nello spazio della Galleria BOX/3 Arte e Fotografia, diretta da Paola Casagrande Serretti.


Hanno partecipato al vernissage numerosi cittadini, visitatori, artisti a appassionati di arti visive, che hanno espresso entusiasmo sia per il progetto espositivo che per l’impegno culturale della galleria.


La presentazione ha avuto inizio con le parole di Sonia Mengoni, che ha interpretato e illustrato le tematiche della mostra. Al centro della ricerca di Beatrice Bolletta si trova la sabbia, elemento capace di contenere, granello dopo granello, una memoria millenaria. I segni che l’artista imprime nella sabbia diventano tracce, simboli, e si trasformano in materia viva e protagonista della sua narrazione. Piccole e grandi tele sono tasselli di un racconto visivo, e sembrano prendere voce dalla sagoma e dall’ombra della scultura antropomorfa che incede con passo deciso, custodendo, nel palmo delle mani, un uovo realizzato con la sabbia rossa del Niger. È il deserto a ispirare l’universo poetico di Beatrice Bolletta in ARRAKIS: deserto come luogo naturale e archetipico, ma soprattutto deserto come vita, trasformazione continua e ascolto profondo.


Durante la serata inaugurale, molti visitatori hanno avuto modo di confrontarsi con l’artista Beatrice Bolletta e la Gallerista Paola Casagrande Serretti, scambiando impressioni e riflessioni sul contenuto e sulle suggestioni del progetto.


La mostra ARRAKIS resterà aperta al pubblico fino a domenica 6 luglio 2025, con ingresso libero e orario di visita da giovedì a domenica, dalle ore 18 alle 19.30.


Per informazioni: Galleria BOX/3 Arte e Fotografia, Via Fagnani, 3 60019 Senigallia (An) – Phone 339 733 5610 Mail. paolaserretti@gmail.com




Museo del Balì, presentata la stagione estiva

Il Museo del Balì di Colli al Metauro propone una stagione estiva 2025 con eventi pensati per adulti e bambini, frutto anche di nuove collaborazioni, nell’ottica di fare sempre più rete con i territori vicini e creare partnership in grado di ampliare l’offerta museale. Definito dal Miur tra i quattro musei della scienza più importanti d’Italia, il museo ha messo in calendario da giugno a settembre iniziative che coinvolgono Comuni, Reti musali e travel blogger.


Il programma è stato presentato presso la sede di Confcommercio Marche Nord, associazione sempre disponibile a promuovere e valorizzare le eccellenze del territorio.


 “Il nostro obiettivo – ha esordito il Presidente della Fondazione Roberto Lauri – è quello di incrementare sempre più il numero di visitatori, attualmente circa 45mila all’anno, e l’estate è sicuramente la stagione migliore per farlo. Nostra intenzione è anche quella di stabilire nuovi rapporti con enti ed associazioni, perché solamente facendo rete il Museo e l’intero territorio possono crescere. Per la prima volta quest’anno abbiamo aderito alle Giornate Europee dell’Archeologia, partecipando ad un evento che ha visto la collaborazione della Rete museale della Via Flaminia e dei Comuni di Colli al Metauro e Fossombrone. Una sinergia che vogliamo portare avanti”.


Nella cornice del suggestivo parco archeologico di Forum Sempronii, in notturna, uno degli operatori scientifici del museo ha raccontato lo stretto legame esistente tra antichi romani e cielo stellato. Si è aperto così il calendario estivo del museo del Balì che prevedrà per l’intera estate altri interessanti appuntamenti con la scienza, a portata di tutti, da 0 a 99 anni. A partire dal 21 giugno e fino alla fine di settembre, ogni venerdì dalle ore 19, riaprirà l’osservatorio astronomico, che grazie ai suoi telescopi di ultima generazione, permetterà di azzerare le distanze tra l’osservatore e l’immensa volta celeste. Un’esperienza unica, da fare almeno una volta! Nel mese di luglio il museo, che sarà aperto tutti i sabati e le domeniche dalle 17:30 alle 23:30, vi aspetterà venerdì 18 luglio con uno speciale trekking in serata, patrocinato dal Comune di Colli al Metauro, in collaborazione con la travel blogger Valentina Pierucci, che consentirà di scoprire le bellezze della natura che circondano il science center. Terminata la passeggiata i partecipanti potranno ammirare le stelle con un’osservazione speciale denominata “Spiaggia delle stelle”, novità di quest’anno del museo. Il prato dell’osservatorio del Museo del Balì si trasformerà in una suggestiva “spiaggia astronomica” in cui gli ospiti si sdraieranno su comode chaise longue per l’osservazione guidata del cielo estivo. Con l’ausilio di un potente laser verde, che lascia una traccia nitida sulla volta celeste, la guida indicherà le costellazioni e i principali oggetti visibili: stelle doppie, ammassi, nebulose e pianeti. “Gli spettatori potranno seguirne il percorso restando comodamente distesi – ha spiegato la Direttrice Scientifica del museo, Francesca Cavallotti – puntando i propri binocoli per seguire la scia luminosa del laser. Poi, i partecipanti si sposteranno presso i telescopi del museo per osservazioni più dettagliate. Una delle tante iniziative che proponiamo in questa estate che si preannuncia molto interessante”. Agosto è il mese delle stelle per eccellenza e troverete il museo aperto tutti i giorni, tranne il mercoledì, dalle 17:30 alle 23:30. In particolare nelle giornate del 10,11 e 12 agosto, a ridosso della notte di San Lorenzo, si potranno ammirare le stelle cadenti grazie a speciali eventi serali del Museo del Balì. A chiusura del ricco calendario estivo, a settembre grande protagonista delle iniziative sarà la luna, con un’apertura serale del museo e dell’osservatorio prevista per il 7 settembre, per assistere all’eclissi lunare.


“Altro obiettivo del Museo – ha proseguito Tonino Gattoni, consigliere della Fondazione – è di ampliare le attività e di aprirsi sempre più, anche ospitando iniziative esterne”.


“Siamo orgogliosi – ha concluso la responsabile comunicazione e immagine di Confcommercio Marche Nord Valentina Tonelli – di presentare gli eventi estivi del Museo del Balì – uno dei quattro musei della scienza più importanti d’Italia. Un vanto per la nostra provincia e tutte le Marche, una straordinaria eccellenza che può rappresentare sempre più un volano turistico. Come Confcommercio siamo disponibilissimi a contribuire alla promozione del Museo e dei suoi eventi anche con il nostro progetto turistico ‘Itinerario della Bellezza’, del quale pure Colli al Metauro fa parte”.


Il calendario completo con tutti gli eventi nel sito www.museodelbali.it




Monsano Contemporary Art Feast, in mostra “Visions to the future” dal 4 al 27 luglio

Il Comune di Monsano, in collaborazione con il TOMAV – Torre Moresco Arte Contemporanea, Tomav Experience Associazione Culturale e con la Fondazione Filiberto e Bianca Menna è lieto di annunciare la quinta edizione del Monsano Contemporary Art Feast che quest’anno propone, dal 04 luglio al 27 luglio, una personale di Francesca Tilio nelle Cucine del Castello [inaugurazione 10 luglio ore 17:30], una collettiva allo Spazio10 con opere di Desirè D’Angelo, Genea Lardini, Sara Principi, Maria Elena Ricciuto, Alice Romano, Silvia Rosa, Silvia Simonetti e un componimento verbovisivo di Tomaso Binga [inaugurazione 11 luglio ore 17:30].
Accanto ai due momenti più strettamente espositivi anche quest’anno si terranno i consueti appuntamenti sull’Arte contemporanea a portata di mano, con una serie di 5 focus previsti nel mese di luglio, in Piazza dei Caduti, dalle ore 18:45.


L’ARTE CONTEMPORANEA A PORTATA DI MANO
a cura di Antonello Tolve

Il percorso didattico si propone di avvicinare il pubblico di ogni forma e formula del contemporaneo mediante una serie di conferenze che quest’anno puntano su due figure dell’arte (Marina Abramovic e Francesca Tilio), sul progetto di comunità esistenziale elaborato da Ico Parisi con l’operazione Arcevia (1972), su alcune straordinarie donne dell’arte e su un irrinunciabile appuntamento di Artiste in presenza che vedrà Desirè D’Angelo, Genea Lardini, Sara Principi, Maria Elena Ricciuto, Alice Romano, Silvia Rosa e Silvia Simonetti in dialogo con il curatore e con il direttore dell’evento.

venerdì 4 luglio 2025
Operazione Arcevia
con Marta Magagnini

giovedì 10 luglio 2025
Francesca Tilio
con Antonello Tolve

venerdì 11 luglio 2025
Artiste in presenza
con Antonello Tolve

giovedì 17 luglio 2025
Dimenticate dell’arte
con Barbara Caterbetti

venerdì 25 luglio 2022
Marina Abramovic
con Maurizio Cesarini

Orari mostre temporanee:
Francesca Tilio nelle Cucine del Castello
giorni conferenze ore 17.30 – 21.00
sabato e domenica ore 18 – 20
Spazio10 – collettiva
giorni conferenze ore 17.30 – 21.00
sabato e domenica ore 18 – 20

PROGETTO MOCAfeast 2025
VISIONS of the future vuole essere un momento di riflessione sull’interazione tra le persone, un dialogo polifonico e polidirezionale che riconosce la multiculturalità del mondo e che, nell’indebolirsi dei legami tradizionali, sposta l’asse su un nuovo modo dello stare-insieme, su una inclusiva esclusività, su uno spingersi fuori dal chiuso, su un entrare a pieno titolo nella dischiusione (che è anche franca discussione) per aprirsi a ogni possibile alterità.


EXHIBITION # 1 | Cucine del Castello

Francesca Tilio
stréghe sibille sciamane santine

CONCEPT /// Legato al sociale e a dinamiche che alimentano un campo fatto di aggregazione, di riflessione, di didattica o anche di apertura all’aperto dell’altro, il lavoro di Francesca Tilio tocca la forma pura dell’essere per farsi ricerca e testimonianza activa d’un mondo popolato dal piacere della diversità, da gioie e dolori, da donne che amano troppo e che non hanno mai perso o dimenticato il desiderio di vivere la vita vera sotto la via lattea di una femminilità (di una complessità, d’una potenza, d’un diritto) che è anche grazia, dolcezza, delicatezza, tenerezza, creatività, intuizione, connessione, sensibilità, emotività.
Dal teatro alla performance, dalla scrittura creativa (non dimentichiamo che suoi sono i nove racconti pubblicati nel 2015 con il titolo Le femmine sono numeri dispari) al potere magnetico della fotografia, intesa come terapia, come percorso capace di condividere storie, come scoperta di sé e degli altri, come istanza critica e filosofica, come atto simbolico e come discorso in itinere, Tilio si muove con disinvoltura tra diverse dimensioni linguistiche per tener fisso lo sguardo nel proprio tempo, ma fluidificandolo sempre in una dimensione (a volte onirica) che interseca appunto l’attuale a un gusto sovrastorico, a tratti metafisico, quasi a tracciare un filo sottile che da Anne Wardrope Brigman risale le scale del tempo e raggiunge il taglio di Louise Dahl-Wolfe, lo spazio poetico di Francesca Woodman, le taglienti metamorficità di Cindy Sherman o le sottili e sofisticate documentazioni di Sophie Calle.


Giunta alla fotografia nel 2006, Francesca Tilio trasforma il mezzo in un discorso comportamentale, in un programma fatto di valori che diventa anche relazione a catena o intreccio (è il caso di Link Love is a Necessary Knot) mediante il quale lo scatto procede verso una iconizzazione, verso un quadro critico dove i segni, bloccati, non solo congelano definitivamente – piacevolmente – lo spazio del tableau vivant (la fotografia di Francesca Tilio è, in primis, una potente messa in scena che vuole dar voce al silenzio mediante il silenzio), ma sfuggono anche a ogni ortodossia o convenzione per incanalarsi in contesti diversi, in spazi possibili, in dimensioni extraschermiche: una ulteriorità è data inoltre dalla molteplicità del supporto su cui l’artista imprime l’immagine che denota un versante la cui forza interna tende a rompere gli argini classici della fotografia per inserirsi a pieno titolo in un circuito poroso e estensivo, in un brusio linguistico che ha il sapore della realtà.


Nei vari lavori che compongono stréghe sibille sciamane santine, progetto che Tilio propone per gli spazi delle Cucine del Castello, il volto dei personaggi è nascosto (ogni scatto, si badi, è una storia che l’artista custodisce nella propria memoria), a volte sfumato, altre del tutto celato, quasi a indicare l’attesa possibile di una immagine incompleta che non vedremo mai e che non riuscirà mai a staccarsi in un tempo ravvicinato: sintomo rovesciato di una presenza che non cessa di richiedere di essere evocata (ricanalizzata) e che non può che eludere la stessa richiesta che tanto fortemente suggerisce.


EXHIBITION # 2 | Spazio10

Quello che a prima vista è uguale per tutti
ma in realtà è diverso per ciascuno

Desirè D’Angelo, Genea Lardini, Sara Principi, Maria Elena Ricciuto, Alice Romano, Silvia
Rosa, Silvia Simonetti e un componimento verbovisivo di Tomaso Binga

Partendo dall’idea baudelairiana di opera come merce assoluta in cui valore d’uso e valore di scambio si aboliscono a vicenda, come seduzione avventurosa del mondo moderno e come oggetto caricato di bizzarria e dunque capace di produrre uno choc ad alto potenziale di estraneazione, Tomaso Binga, Desirè D’Angelo, Genea Lardini, Sara Principi, Maria Elena Ricciuto, Alice Romano, Silvia Rosa, Silvia Simonetti tratteggiano un itinerario riflessivo che mette il soggetto di fronte alla pressione fatale dell’oggettualità, dove quello che a prima vista è uguale per tutti in realtà è diverso per ciascuno.
In alcuni casi provocatorie nei confronti di vecchi poteri costituiti (a volte anche piacevolmente epanortotiche), le opere in mostra catturano il soggetto nella morsa di strategie (di provocazioni), dove spesso il segno precipita in materiale e la metafora crolla sotto il peso della forma, fino a confondersi con la cosa desiderata per diventare oggetto più oggetto dell’oggetto, potenza fatale (atto fatale) che si situa nel cuore del mondo per far detonare riflessioni sul presente, sul passato, sul prossimo venturo.




IV Biennale di Senigallia, la Fotografia. Gli appuntamenti di venerdì 20 giugno al Palazzetto Baviera

Grande attesa per la seconda giornata della IV Biennale di Senigallia che quest’anno si occupa dei misteri legati alla scoperta della Fotografia a 200 anni dalla sua invenzione. Il 20 giugno si partirà alle ore 17 con una visita guidata alla mostra di Palazzetto Baviera che presenta documenti d’epoca, oggetti autentici spesso inediti, e belle riproduzioni di fotografie fragili che oggi non possono più essere spostate. Alle 18 si prosegue con una conferenza che analizzerà i primordi della fotografia, da Joseph Niépce, a Hubert a Daguerre.


Interverranno Pierre-Yves Mahé, Direttore della Casa-Museo Nicéphore Niépce a Saint-Loup-de-Varennes dal 1999, fondatore della scuola fotografica Spéos; Serge Plantureux, Atelier 41; Jean Dhombres, già docente all’Università di Nantes e direttore del Centre François Viète d’histoire et philosophie des sciences et des techniques (1985-1995); Julien Petit, curatore e ricercatore che vive e lavora a Bogotà, storico dell’arte e della fotografia presso l’Institut National d’Histoire de l’Art (INHA), Paris I-Panthéon-Sorbonne; Maria Francesca Bonetti, membro SISF, Roma.


Alle ore 21, sempre a Palazzetto Baviera, la collezionista Donata Pizzi e la fotografa Silvia Camporesi dialogheranno sul tema della fotografia al Femminile. L’evento si inserisce nel contesto della mostra “Mise en Scène – immagini e libri dalla Collezione Donata Pizzi”, che propone nelle sale di Palazzo del Duca una selezione di opere dalla collezionista romana, una raccolta interamente dedicata a fotografe italiane dal 1965 a oggi, nota per la sua ricerca e l’attenzione ai linguaggi del corpo e all’identità femminile.


Silvia Camporesi, fotografa la cui poetica si distingue per la capacità di trasfigurare il paesaggio reale in una dimensione onirica e sospesa, parteciperà al dialogo portando la sua prospettiva di artista. Un’opera della stessa Camporesi è presente all’interno della mostra, creando un ponte ideale tra la visione della collezionista e la pratica dell’autrice. Al termine della conferenza, la fotografa guiderà il pubblico in una speciale visita alla mostra, offrendo un’occasione imperdibile per approfondire i temi e le storie che animano la collezione Pizzi.




Imprimere sulla tela dell’anima. La grafo-pittura “psichica” di Franco Burattini in mostra a Jesi dal 20 giugno al 6 luglio

La grafo-pittura “psichica” di Franco Burattini in mostra a Jesi dal 20 giugno al 6 luglio 2025 a Palazzo Bisaccioni (Piazza Colocci 4) presso Fondazione Cassa di Risparmio nella splendida antologica “Sono vissuto un giorno”.


Qualunque forma d’arte è percorsa da un inganno. Ogni rappresentazione è menzogna. Ed è nel rovesciamento nicciano d’ogni socratica figuratività edificante che si squaderna la possibilità di un interpretare libero, errabondo e autentico al contempo, tra le quinte di una psiche in lotta contro le catene delle convenzioni mentre aspira a dire l’inesprimibile, l’originario, la materia sconosciuta del reale. L’espressione artistica come ritorno alla radice dell’essere e forza motrice del più vitale degli impulsi, per Jaques Lacan il nucleo generativo dell’energia umana: la voglia di creare. Il poeta grafo-pittore Franco Burattini conduce il colore, la linea, la luce ad approfondirsi nell’ immagine che nel suo stesso etimo persiano, antico, “l’himma”, significa il potere inventore del cuore. Trarre l’inconscio, avvertirne il tratto materico nudo e ineffabile e tradurlo su tela senza infingimenti. Restituire la dinamicità di un pensare vivo che distorce e ricompone, contamina e reagisce.

Si tratta di un itinerario che insegue senza stilemi preconfezionati o direzioni previste il suo concreto moto perpetuo conoscitivo, onirico, ineffabile. Un’emersione di fantasie, ferite, fughe, tese a risolversi nell’immediato vigore del segno, nella pretesa d’esistere. Non c’è un prima o un dopo nel percorso. Solo, l’adesso. L’antologica di Burattini “Sono vissuto un giorno”, curata dalla storica dell’ arte Loretta Mozzoni, sarà inaugurata il 20 giugno dalle ore 18:00 a Jesi (Piazza Colocci 4, Palazzo Bisaccioni ) presso la Fondazione Cassa di Risparmio e sarà visitabile fino al 6 luglio. La mostra propone, sin dal titolo, una semplice unità esistenziale spazio-temporale quotidiana, la perenne distanza tra A e B che ognuno di noi compie all’interno di coordinate oggettivamente rigorose e cogenti, ma variabili, forsennate, imperscrutabili, come la maniera policroma che hanno di imprimersi sulla tela della nostra anima.




Festa della Musica al Museo Nazionale Rossini sabato 21 giugno alle ore 11

Sabato 21 giugno, in occasione della Festa della Musica, l’evento internazionale che in tutta Europa celebra il solstizio d’estate, il Museo Nazionale Rossini propone al pubblico un evento speciale dedicato al belcanto. Un’iniziativa che unisce divulgazione culturale e creatività giovanile, per celebrare la musica come patrimonio vivo e condiviso.


Si parte alle 11 con una interessante visita guidata tematica che condurrà i partecipanti, attraverso una narrazione immersiva, a ripercorrere le tappe fondamentali della vita e della carriera di Gioachino Rossini, dall’infanzia ai successi internazionali, passando per l’evoluzione del belcanto e le collaborazioni artistiche con figure come Isabella Colbran e Niccolò Paganini.


La visita si concluderà con un concerto a cura degli studenti del Liceo Scientifico, Musicale e Coreutico “Guglielmo Marconi” di Pesaro, dal titolo “La voce della chitarra”, dove le chitarre, protagoniste del repertorio, offriranno un’esibizione di musiche che vanno dal ‘700 al ‘900, ispirate dalla tradizione del belcanto e dalla passione per la musica da parte dei giovani talenti. Un repertorio variegato e originale, non direttamente rossiniano ma coerente con lo spirito espressivo e tecnico esplorato durante il percorso.


Programma / interpreti

Bach: Preludio dalla Suite BWV 1007 / Elena Terrezza

Paganini: Romanza (dalla Grande Sonata) / Serena Catozzi

Mascagni: Intermezzo (da Cavalleria rusticana) / Ginevra Casali, Serena Catozzi, Andrea Pancot, Marta Pasini, Elena Terrezza

Granados: Danza orientale n. 2 / Marta Pasini, Elena Terrezza

Villa-Lobos: Studio 12 / Ginevra Casali


Ingresso gratuito (prenotazione consigliata)Per l’intera giornata l’ingresso al museo è gratuito per i residenti di Pesaro e limitrofiInfo T 0721 1922156 – info@museonazionalerossini.it




Al Museo Nori De’Nobili di Trecastelli inaugurata la mostra di Memè Olivi La linea infinita. Visitabile fino al 14 settembre

Grande successo e partecipazione di pubblico al Museo Nori De’ Nobili della Città di Trecastelli lo scorso 15 giugno 2025, in occasione dell’inaugurazione della mostra di Memè Olivi La linea infinita, a cura di Stefano Schiavoni e Simona Zava.


La mostra caratterizzerà l’estate artistica e culturale del Museo e del Centro Studi sulla Donna nelle Arti Visive Contemporanee. Numerosi cittadini, visitatori, artisti, estimatori delle arti visive hanno preso parte al vernissage. La presentazione ha avuto inizio con i Saluti Istituzionali del Sindaco di Trecastelli Marco Sebastianelli. Subito dopo è intervenuto il Sindaco di Nogaredo Alberto Scerbo, presente all’inaugurazione con una piccola delegazione del Comune di Nogaredo,  in provincia di Trento, dove lo scorso anno si era tenuta un’altra mostra personale dell’artista Memè Olivi.


L’Assessore alla Cultura di Trecastelli Liana Baci ha sottolineato l’importanza delle numerose iniziative che il Museo di Trecastelli porta avanti dalla sua apertura, avvenuta nel 2012. Il Direttore del Museo Stefano Schiavoni ha introdotto l’artista Memè Olivi e Simona Zava ha illustrato le tematiche dell’esposizione. Infine, Olivia Olivi, figlia dell’artista Memè Olivi e madre dell’artista Amélie Barnathan, ha ringraziato tutti  i presenti.


Dopo la presentazione, è stato tagliato il nastro tricolore all’ingresso del Centro Studi sulla Donna nelle Arti Visive Contemporanee, dando modo ai visitatori di ammirare la mostra, che ripercorre la vasta produzione di Memè Olivi con opere realizzate con tecniche incisorie da lei predilette, accompagnate da un omaggio della nipote Amélie Barnathan, giovane artista attiva a Londra. In una delle sale del Museo, inoltre, si è tenuta la proiezione del film di Amie Williams La linea infinita, da cui la mostra trae il titolo: la pellicola ha offerto uno sguardo sulla trasmissione generazionale del pensiero artistico di Memè Olivi e Amélie Barnathan. La linea infinita è stata promossa dalla Città di Trecastelli, dall’Assessorato alla Cultura e dal Museo Nori De’ Nobili, in collaborazione con l’Associazione Carlo Emanuele Bugatti – Amici del Musinf e con il patrocinio della Commissione per le pari opportunità tra uomo e donna della Regione Marche. L’esposizione è visitabile fino al 14 settembre negli orari di apertura del Museo. L’ingresso e le visite guidate, per singole persone e gruppi, sono gratuiti.


Per informazioni: Villino Romualdo – Museo Nori De’ Nobili, Piazza Leopardi, 32 60012 Trecastelli località Ripe (An) tel. 0717957851 – mail. museonoridenobili@gmail.comwww.museonoridenobili.it




Senigallia, la Galleria BOX/3 inaugura la mostra di Beatrice Bolletta ARRAKIS sabato 21 giugno alle ore 18

Sabato 21 giugno, alle ore 18, la Galleria BOX/3 Arte e Fotografia di Paola Casagrande Serretti, inaugura  a Senigallia la mostra ARRAKIS, personale dell’artista Beatrice Bolletta, a cura di Simona Zava. Il nuovo progetto espositivo arricchisce l’offerta artistica e culturale della galleria nel cuore dell’estate 2025.

La mostra si compone di quarantotto piccole tele, che si presentano come un’esplosione visiva di frammenti, segni e simboli. Al centro dello spazio espositivo, una figura evocativa — accompagnata dalla sua ombra — custodisce un oggetto piccolo e misterioso, diventando centro di una narrazione sospesa.

Tutto prende vita attraverso un materiale tanto arcaico quanto quotidiano: la Sabbia. Simbolo di tempo, memoria e trasformazione, la sabbia domina anche le grandi opere in mostra, dove si fonde con colla, tela e carta, diventando elemento centrale ed evocativo.


Beatrice Bolletta nasce a Montemarciano nel 1959. Vive e lavora a Marzocca. Dopo essersi diplomata all’Accademia di Belle Arti di Urbino, inizia un percorso artistico che la porta a collaborare con importanti realtà del panorama espositivo italiano, tra cui le Gallerie Free Art ed En Plein Air di Torino, e la Galleria Santo Ficara di Firenze. Le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private, sia in Italia che all’estero, confermando il valore di una poetica capace di coniugare segno e materia.

L’appuntamento con ARRAKIS e Beatrice Bolletta è quindi fissato per sabato 21 giugno 2025, alle ore 18, presso la Galleria BOX/3 di Senigallia. L’artista sarà presente all’inaugurazione.


Per informazioni: Galleria BOX/3 Arte e Fotografia, Via Fagnani, 3 60019 Senigallia (An) – Phone 339 733 5610 Mail. paolaserretti@gmail.com




I martedì dell’archeologia accompagneranno l’estate di Corinaldo alla scoperta della storia del territorio

Prenderà avvio martedì 24 giugno la rassegna organizzata dalla sede corinaldese dell’Archeoclub d’Italia dal titolo “I martedì dell’Archeologia”. Quest’anno gli incontri aperti al pubblico saranno sei e si terranno, come per le precedenti edizioni, presso l’area retrostante la chiesa di Santa Maria in Portuno e che avranno inizio alle ore 21.00 ad ingresso libero. 

Il primo  incontro sarà tenuto da Alessandro Campedeli e Francesca Bindelli che affronteranno il tema: “Scavi e ricerche nella città romana di Suasa”. A seguire martedì 1° luglio sarà presente Ilaria Latini con “Ricerche per un aggiornamento della Carta Archeologica di Corinaldo”. Martedì 8 luglio Carlotta Freccero parlerà della “Tomba della dama d’argento: tra archeologia e restauro”; il 15 luglio Claudia Moro presenterà i risultati della tesi di laurea magistrale in Archeologia e Culture del Mondo Antico dell’Università di Bologna “La necropoli romana di Contrada Nevola: lo studio antropologico”. Gli incontri dei due martedì successivi, quelli del  22 e 29 luglio vedranno la presenza di Federica Boschi e Giuseppe Lepore che parleranno delle novità della campagna archeologia 2025 e dei riti magici antichi.

Programma 

24/06/2025

Scavi e ricerche nella città romana di Susa

Alessandro Campedelli e Francesca Bindelli

01/07/2025

Ricerche per un aggiornamento della Carta Archeologica di Corinaldo (risultati di una tesi di Specializzazione in Beni Archeologici, Università di Bologna)

Ilaria Latini

08/07/2025

La tomba della dama d’argento: tra archeologia e restauro (risultati di una tesi di laurea magistrale in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali, Università di Bologna – campus Ravenna)

Carlotta Freccero

15/07/2025

La necropoli romana di Contrada Nevola: lo studio antropologico (risultati di una tesi di laurea magistrale in Archeologia e Culture del Mondo Antico, Università di Bologna)

Claudia Moro

22/07/2025

Novità dalla campagna archeologica 2025 nella necropoli di Contrada Nevola

Federica Boschi

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Le tombe parlano: riti e pratiche magiche nei contesti funerari antichi

Giuseppe Lepore




Parco archeologico di Urbs Salvia: il nuovo percorso di visita si inaugura giovedì 19 giugno

Si ampliano le aree visitabili del  Parco Archeologico di Urbs Salvia, a Urbisaglia, in provincia di Macerata. Con il titolo “All’incrocio tra passato e presente”, giovedì 19 giugno alle ore 17 è in programma la cerimonia di inaugurazione del nuovo percorso di visita nei quartieri delle strade basolate, che saranno aperti per la prima volta al pubblico.


Le ricerche, dirette congiuntamente da Sofia Cingolani, direttrice del Parco, funzionaria archeologa di Palazzo Ducale di Urbino-Direzione Regionale Musei Nazionali delle Marche, e da Roberto Perna, professore di Archeologia classica all’Università di Macerata e Direttore della missione archeologica Unimc, attiva a Urbs Salvia sin dal 1995, hanno portato a risultati di grande rilievo. È stato infatti possibile chiarire nuovi aspetti dell’organizzazione urbanistica della città e delle fasi edilizie degli edifici adiacenti al complesso del tempio-criptoportico che compongono i quartieri a sud-est del complesso stesso e con esse della vita e della storia di Urbs Salvia.


La conclusione dello scavo, il restauro delle strutture e un’accurata pulizia archeologica dell’area hanno permesso la progettazione di un percorso di visita, pensato per accompagnare i visitatori alla scoperta di un nuovo settore dell’abitato romano.


«L’iniziativa – afferma Luigi Gallo, Direttore di Palazzo Ducale di Urbino-Direzione Regionale Musei Nazionali delle Marche – nasce dalla collaborazione tra Palazzo Ducale di Urbino-Direzione Regionale Musei Nazionali delle Marche e l’Università di Macerata che, grazie anche a un finanziamento della Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura, ha potuto proseguire le indagini archeologiche in alcuni degli ambienti adiacenti alle strade basolate a sud-est del complesso Tempio-Criptoportico, nel cuore della colonia romana».


Secondo Sofia Cingolani «Questo intervento rappresenta un passo fondamentale nella restituzione alla fruizione pubblica di un settore urbano finora inedito, che consente di cogliere con maggiore chiarezza la complessità e la vitalità della città antica».


Dal canto suo Roberto Perna aggiunge che «Grazie alla prosecuzione delle indagini è stato possibile non solo ricostruire le fasi costruttive di questa parte della città, ma anche leggere in modo più puntuale i rapporti tra gli edifici e le infrastrutture stradali, elementi chiave per comprendere la forma, la funzione e l’evoluzione dello spazio urbano della colonia».


L’inaugurazione del nuovo percorso, alla presenza del direttore Gallo e di coloro che hanno contribuito alla realizzazione del progetto, sarà anche l’occasione per condividere con il pubblico i risultati delle ricerche e concluse e di quelle ancora in corso nella stessa area, finalizzate ad ampliare progressivamente i percorsi di visita.


INFO

Parco archeologico Nazionale di Urbs Salvia – Strada provinciale 78, Urbisaglia (MC) – Ingresso: biglietteria dell’anfiteatro, intero 5 euro, ridotto 2 euro – Orari da GI a DO e festivi: ore 10-12.30 e 15-18 – drm-mar.urbisaglia@cultura.gov.it




I musei del vecchio incasato di Grottammare, sabato 14 Giugno, saranno i protagonisti dell’iniziativa “Camminata dei musei”

I musei del vecchio incasato di Grottammare, sabato 14 Giugno, saranno i protagonisti dell’iniziativa “Camminata dei musei” che prenderà il via alle ore 16,30 da Piazza Peretti.

L’iniziativa rientra del progetto “Camminata dei musei”, realizzato per il terzo anno consecutivo da Bim Tronto (che sostiene l’iniziativa) e U.S. Acli Provinciale, che ha già fatto registrare oltre 200 presenze nelle strutture del Sistema Museale Piceno

Dopo gli appuntamenti realizzati a Grottammare (Museo dell’illustrazione contemporanea), San Benedetto del Tronto (Museo – pinacoteca del Mare), Castorano (Museo comunale arti e mestieri della civiltà contadina – Giacomo Speca), Cossignano (Museo civico di arte sacra e Antiquarium comunale Niccola Pansoni), Ascoli Piceno (Museo diocesano) e Ripatransone (Museo archeologico e Museo della civiltà contadina e artigiana), questa volta l’evento tornerà a Grottammare, grazie anche alla collaborazione della locale Amministrazione comunale e dei Musei sistini del Piceno.

Il programma prevede la visita guidata gratuita al Museo “Il tarpato”, al Museo Sistino di arte sacra a al Museo “Torrione della Battaglia”.

La partecipazione è gratuita ma occorre prenotare, con un messaggio, al numero 3939365509 indicando nome e cognome di chi partecipa entro il 13 maggio. E’ prevista la partecipazione di un massimo di 50  persone.

Il Museo “Il tarpato” è dedicato a Giacomo Pomili (1925/1997), pittore naif originario di Grottammare,  soprannominatosi “Il Tarpato” (così firmava le sue opere) alludendo a una limitazione forzata delle proprie facoltà paragonabile alla condizione di un uccello con le ali tarpate.

Il Museo Sistino di arte sacra, è allestito nella chiesa di San Giovanni Battista, contiene, tra l’altro,  preziosi manufatti liturgici, tra i quali spicca un calice cinquecentesco donato da Papa Sisto V a Grottammare.

Il Museo “Torrione della battaglia” ospita una serie di opere di Pericle Fazzini, uno dei maggiori scultori del ‘900 attraverso una collezione composta da stampe, documenti, disegni e sculture.




Dal 12 al 17 giugno 2025, negli spazi espositivi del Lido Cluana, si terrà la mostra personale Mirella Isidori

Dal 12 al 17 giugno 2025, negli spazi espositivi del Lido Cluana, si terrà la mostra personale Mirella Isidori: l’incanto severo della visione, dedicata a una delle voci più intense e coerenti della pittura contemporanea italiana. L’inaugurazione avrà luogo giovedì 12 giugno alle ore 18:30.

L’esposizione ripercorre l’itinerario creativo di Mirella Isidori, artista che avviò il proprio percorso pittorico nel 1989 in un contesto di privazione e raccoglimento interiore: una stanza d’ospedale, priva di strumenti e supporti tradizionali. Da questa condizione nacque la scelta del cartone come superficie pittorica – umile, quotidiana, ma densa di significati etici e formali – e della tempera come medium d’elezione, secco e risolutivo, capace di esprimere con forza l’essenziale.

Isidori sviluppa la propria arte in un equilibrio raro tra rigore compositivo e intensità espressiva. I modelli del Rinascimento italiano – in particolare del Quattrocento e del Cinquecento – non sono per lei oggetti di citazione, bensì presenze interiori, vissute come grammatica profonda dello sguardo e della mano. Le sue opere evocano una classicità silente, priva di retorica, che trova espressione in linee severe, spazi dilatati, prospettive mentali.

Il paesaggio, spesso posto in distanza, si configura non come sfondo descrittivo, ma come luogo di soglia: confine e apertura, memoria e attesa, tensione e silenzio. La figura, quando compare, si fa icona, presagio, enigma. L’assenza di decorativismo e la rinuncia al pathos narrativo portano la pittura di Isidori verso un piano di assoluta sobrietà, dove ogni elemento è meditato e necessario.

Nel suo lavoro si riconosce una tensione “illuministica” – non nel senso storicistico, ma come capacità di svelare la luce interiore delle cose – e una coerenza progettuale che rimanda alla lezione di Cézanne, intesa non come stile, ma come metodo: costruzione e vibrazione si fondono in un’arte che è insieme percezione sensibile e pensiero formale.

Nel contesto del Novecento, il suo linguaggio pittorico dialoga con figure come Felice Casorati, per l’equilibrio tra astrazione intellettuale e forma concreta, o Massimo Campigli, per la capacità di coniugare il primitivismo classico con una sottile ironia metafisica. Isidori condivide con questi maestri l’amore per la misura, la lentezza dell’elaborazione, la ricerca dell’essenziale.

In un’epoca dominata dall’immagine effimera e dalla produzione seriale, Isidori rappresenta una voce controcorrente: la sua è una pratica pittorica che resiste al tempo, che rifiuta l’urgenza del consumo visivo e si fonda su un’etica del fare, della costruzione paziente e consapevole. La sua arte non cerca lo sguardo: lo attende, lo interroga, lo accompagna nel tempo.

La mostra L’incanto severo della visione è dunque non solo un’esposizione, ma un invito alla contemplazione, al silenzio, alla durata. Un’occasione preziosa per entrare in un universo pittorico coerente, necessario, profondo.




Fino al 28 Settembre al Museo della Marineria di Pesaro sarà esposta ‘MORFOLOGIA Subacquea di Paola Tassetti

Sabato 7 giugno (ore 18.30) al Museo della Marineria Washington Patrignani di Pesaro è stata inaugurata ‘MORFOLOGIA Subacquea. MORPHOLOGIE SOUS-MARINE. UNDERWATER MORPHOLOGY’ la personale di Paola Tassetti che propone ‘immersioni parziali del corpo anatomico, esplorazioni archeologiche vegetali e l’equipaggio animale della nuova specie’. 

Paola Tassetti ricerca una nuova realtà in movimento, un nuovo umanesimo; i suoi disegni di Anatomia Vegetale contemplano una “mezcla biologica” in cui piante, animali e uomini convivono in un tutt’uno. Appare indispensabile all’artista il recupero del passato, scrigno di antichi saperi, miti e riti che permettano di percorrere con più consapevolezza le strade del futuro verso l’evoluzione. L’artista prende le mosse dai pionieristici studi di medicina di Andrea Vesàlio, dalle sue straordinarie tavole anatomiche realizzate a Venezia dagli artisti della scuola di Tiziano Vecellio. Nascono così le Anatomie Vegetali, le Psicogeografie, tavole anatomiche e composite installazioni di frammenti e reperti che raccontano spaccati di metamorfosi fiorite sia sulle tele che nelle installazioni. Opere che danno spazio ad una visione del mondo che ricostruisce l’antico potente nesso tra microcosmo e macrocosmo, tra uomo e natura, arte e scienza. In questa mostra Tassetti porta nuovi studi di morfologia subacquea riguardanti il mondo sotterraneo del mare, rimescolando le scienze naturali, le energie relative ai contesti attraversati e la metafisica di un nuovo equipaggio che abiterà il mondo marino. 

L’esposizione sarà visitabile fino al 28 settembre.

Paola Tassetti

Studia arte, si laurea in architettura e successivamente si specializza nella ricerca del paesaggio italiano. Continua la sua formazione artistica a Kyoto presso lo studio Tomohiro Hata Architect and Associates e a Londra allo Uncommon Studio Creative. La sua attività multidisciplinare sperimenta i terreni di confine tra diverse discipline: biologia, botanica, tassonomia, anatomia, archeologia, antropologia, sociologia, psicologia e architettura. Contempera l’interesse per il paesaggio con la ricerca sull’anatomia umana con cui alimenta la sua espressione creativa fatta di diari, disegni, installazioni site specific, pitture surreali, collage digitali, arte digitale, pittura materica, serigrafia, raccolte tassonomiche, installazioni seriali e performance dove il corpo diventa veicolo di sperimentazione e terreno di scambio tra l’interiorità e la realtà.

MORFOLOGIA Subacquea 

MORPHOLOGIE SOUS-MARINE

UNDERWATER MORPHOLOGY  

di Paola Tassetti

Museo della Marineria Washington Patrignani di Pesaro, Villa Molaroni, viale Pola 9

7 giugno – 28 settembre 2025

inaugurazione sabato 7 giugno ore 18.30

orario martedì, mercoledì, giovedì 9.30 – 12.30, venerdì, sabato e domenica 16 – 20

Ingresso con Card Pesaro Musei, gratuito fino a 18 anni




Alla Rocca roveresca di Senigallia giovedì 12 giugno alle ore 11 l’inaugurazione della mostra “La forma dell’oro. Storie di gioielli dall’Italia antica”

Alla Rocca Roveresca di Senigallia, giovedì 12 giugno, alle 11.00, si inaugura la mostra “La forma dell’oro. Storie di gioielli dall’Italia antica”, a cura di Massimo Osanna (Direttore generale dei musei) e di Luana Toniolo (direttrice del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma).


Allestita nelle sale rinascimentali della fortezza roveresca e di portata nazionale, la mostra propone una selezione di preziose testimonianze archeologiche provenienti da varie parti d’Italia: si potranno ammirare oltre 400 reperti di produzioni ornamentali nell’Italia peninsulare e in Sardegna dalla Preistoria all’Alto Medioevo.


Grazie all’impegno di Luigi Gallo, Direttore di Palazzo Ducale di Urbino – Direzione regionale Musei nazionali Marche – e del suo staff, la mostra sarà visibile su due piani della Rocca costituendo il primo appuntamento dopo i lavori di adeguamento, implementazione ed efficientamento energetico degli impianti di climatizzazione a servizio delle sale espositive realizzati con i fondi del PNRR, con i quali il monumento del XV secolo è ora adeguato agli attuali standard museali.


«La mostra che si apre nell’antica fortezza di Senigallia – afferma il Direttore Gallo – dimostra innanzi tutto che con il lavoro sinergico di vari istituti, i musei italiani sanno far rete per valorizzare e promuovere il nostro straordinario patrimonio, trasmettendolo alle generazioni future; inoltre l’esposizione certifica una volta di più quanto sia importante che il museo, oltre che luogo privilegiato di esposizione, si affermi anche come ambiente dedito alla ricerca scientifica: spazio vivo e vitale per creare infinite occasioni di conoscenza».


Il progetto è frutto della collaborazione scientifica tra le ex Direzioni Regionali Musei di Sardegna, Campania, Calabria, Molise, Marche, Puglia, Basilicata e il Parco archeologico di Pompei, in un progetto del Sistema Museale Nazionale, che permette di valorizzare le ricchezze e i tesori di molti musei. L’evento espositivo è alla sua terza tappa: il primo appuntamento è stato presso il Museo Nazionale Archeologico ed Etnografico “Giovanni Antonio Sanna” di Sassari, poi al Museo Archeologico di Santa Maria delle monache di Isernia.


Da sottolineare che la tappa marchigiana inserisce nell’esposizione due cifre stilistiche perseguite dalla Rocca negli ultimi anni: l’attenzione ad una fruizione accessibile, grazie alla riproduzione di alcuni reperti e il dialogo con la realtà senigalliese insignita del titolo Città della fotografia, grazie ad una piccola esposizione fotografica in stretto dialogo con i reperti esposti.


Una mostra “preziosa”

Il gioiello è da sempre espressione di identità, complemento di seduzione e bellezza, segno di legami, di consuetudini e mode. Lucente, incorruttibile, prezioso, l’oro è materia nobile in cui plasmare elaborati ornamenti. Ma l’arte di adornarsi si compone anche di altri metalli, come bronzo, ferro, argento e, inoltre, di gemme e paste vitree, di composti organici come ambra, conchiglie, ossa e denti di animali, che raccontano una lunga storia di sperimentazioni e conquiste tecnologiche, di gusto estetico, di creatività artigianale. E allo stesso tempo è la storia di vivaci contatti tra le genti del Mediterraneo antico, dove agli scambi di beni si associano ideologie, comportamenti, usanze e riti in un amalgama denso di contaminazioni culturali.

La ricca selezione di oggetti di grande valore storico-archeologico, in mostra a Senigallia fino al prossimo 8 dicembre, consente un affascinante viaggio geografico e temporale nell’Italia antica, dalla Preistoria all’alto Medioevo, tra ornamenti e gioielli che portano con sé, non solo bellezza e unicità, ma anche valenze simboliche legate agli ambiti del sacro, della magia, del potere e del prestigio sociale, attribuite in passato a questi oggetti che ancora suscitano attrazione e meraviglia in chi li guarda.


INFO MOSTRA
La forma dell’oro. storie di gioielli dall’Italia antica
A cura di Massimo Osanna e Luana Toniolo
12.06.2025 – 08.12.2025
Inaugurazione GI 12.06.2025 ore 11
Rocca Roveresca di Senigallia
Piazza del Duca, 2 – Senigallia
tel. 071 63258
Ingresso ordinario intero 5 euro; ridotto 2 euro; abbonamento annuo intero 12 euro; ridotto 5 euro. Per i possessori del biglietto ordinario dei musei civici senigalliesi ingresso intero a 3 euro
Orari LU ore 8.30-13.30 ultimo ingresso ore 13; da MA a DO ore 8.30-19.30, ultimo ingresso ore 19
roccaroveresca.senigallia@cultura.gov.it
www.roccasenigallia.it




Il paesaggio marchigiano di Attilio Alfieri a cura di Andrea Carnevali e Federica Lazzarini. Vernissage venerdì 13 giugno al Cart di Falconara

La mostra, nata da un’idea di Stefano Tonti, direttore scientifico del CART di Falconara Marittima, e realizzata in collaborazione con Aliosca Alfieri figlio dell’artista e Presidente dell’Archivio Attilio Alfieri di Milano, intende attenzionare l’opera di Alfieri attraverso uno spaccato della sua produzione artistica, significativa e utile ad essere approfondita, come il percorso lineare della pratica pittorica più tradizionale (quella del disegno, degli acquerelli, tempere e oli), che si è espressa all’interno di uno dei generi della pittura comunque cari ad Alfieri, come quello del paesaggio, puntando lo sguardo sulle opere rivolte ai territori delle Marche.


In mostra sono esposti disegni e dipinti di tutto l’arco della produzione del maestro sul paesaggio d’origine e d’affezione (comprese vedute urbane), per addentrarsi in un aspetto della ricerca di Alfieri, che del paesaggio delle Marche ne indaga, interpreta ed elabora l’essenza, conferendole una solenne e antica dignità.


Nel percorso espositivo e nel catalogo della mostra, per la curatela di Andrea Carnevali e Federica Lazzarini, si possono ritrovare tutti i periodi pittorici dell’artista e l’amore per la sua terra d’origine. Dai primi disegni del 1926 agli oli in versione chiarista, dai dipinti di ispirazione cezanniana degli anni Trenta al materico degli anni Quaranta e, a seguire, la vasta produzione degli anni Settanta ed Ottanta. Alle opere in mostra fa da preludio un primo disegno (Soldato del 1919, eseguito all’età di 15 anni), per far comprendere al visitatore il talento naturale di questo artista.


Il paesaggio marchigiano ha accompagnato Attilio Alfieri nel corso di tutta la sua esistenza e nonostante si fosse trasferito giovanissimo a Milano l’artista è sempre tornato regolarmente nella sua terra. Ogni volta attratto irrimediabilmente da un paesaggio che sosteneva essere del tutto tipico, unico per la sezione del terreno e per il cangiantismo dei colori, ed eccezionalmente straordinario per la capacità di trasmettere un senso religioso e di intima pace. Specie il Conero, un monte mitizzato fin da ragazzo e dalle suggestioni poetiche leopardiane, con il suo carico di memorie e richiami sentimentali, secondo quella che Andrea Carnevali, nel testo in catalogo, ha definito essere una geografia affettiva delle Marche e che Federica Lazzarini ha individuato come un sentire epidermico dell’artista della pittura di paesaggio del versante adriatico.


Sono chine, acquerelli, tempere e oli, realizzati sempre all’aperto, a contatto con l’amata natura, in una sorta di ricerca e rigenerazione di sé stesso. Non è quindi un caso se gli ultimi e unici lavori siano stati i paesaggi, decine di disegni eseguiti a pennarello a cavallo del 1990 e ‘91, qui nella sua terra natale nel tentativo di alleviare il dolore causato dalla morte della moglie.


La opere in mostra, oltreché dall’Archivio Attilio Alfieri di Milano provengono da collezioni private e pubbliche anche del territorio (come in particolare dalle Collezioni del Comune di Loreto e del Comune di Sassoferrato), per sottolineare anche una partecipazione condivisa dei luoghi vissuti e rappresentati da Alfieri.


La mostra, promossa dal Comune di Falconara M. (AN), in collaborazione con l’Associazione Attilio Alfieri di Milano, partecipa al sostegno della Regione Marche con il parternariato dell’AMIA – Associazione Marchigiana Iniziative Artistiche e dell’Associazione Artistica Artemisia


Attilio Alfieri (Loreto 1904 – Milano 1992)

Nato a Loreto da genitori analfabeti e in condizioni economiche modeste. Pittore autodidatta, inizia a disegnare all’età di 15 anni (Il Soldato, in mostra) seguendo le orme e i rudimenti del fratello maggiore, decoratore e pittore dilettante. Si perfeziona come aiuto del decoratore piacentino Camozzi, chiamato a lavorare nella Basilica di Loreto, e grazie a lui nel 1923 viene assunto come apprendista a Piacenza dai pittori di chiese Aspetti e Rossi. Si rende però conto che la decorazione è un freno alla creatività e nel 1925 trova a Milano un lavoro da imbianchino così da poter frequentare i corsi serali di pittura all’Accademia di Brera e al Castello Sforzesco. “Feci l’entrata a Milano come un passero tentennante, avido di beccare quel nutrimento cittadino necessario alla mia incolmabile ignoranza, innocente presunzione.” (1)

Nell’aprile 1927 viene arruolato nell’esercito e trasferito a Fiume. Il suo spirito libertario e indipendente mal si addice alla rigidità della vita militare; esile di corporatura intraprende un dissimulato digiuno, che gli varrà il congedo anticipato nell’ottobre dello stesso anno. Quel periodo a contatto con la natura selvaggia dell’Istria lo stimolerà alla pittura en plein air. “Questa notte ho montato di guardia, vidi uno spettacolo lunare meraviglioso. Ero proprio sbigottito. Ricorderò sempre simile impressione, e decisi di studiare il ‘vero’ – la pittura – giacché la poesia mi ha per sempre abbandonato.” (2)

Questa necessità lo spingerà dopo il congedo a trasferirsi in Brianza per studiare il “paesaggio” sulle orme del Segantini.

Rientra a Milano nel 1930 e prende in affitto un abbaino in via Solferino 11, un vero e proprio covo di giovani artisti, tra i quali Saltini, Andreoni, Mantica, Bonfantini, Birolli, Spilimbergo, Lilloni, Greggio, Del Bon, e frequentato da intellettuali come Giolli, Persico, Gatto, Cantatore e Carrieri. La prima mostra collettiva, I pittori del numero 11, è del 1931. La seconda nel ‘32 attirerà l’interesse di Giolli e Carrà, e soprattutto di Persico, che nel “Corriere Padano” del 3 marzo 1933 lo annovera tra i più significativi pittori d’avanguardia. Lo stesso Persico gli darà l’opportunità di esporre, fuori catalogo, alla Triennale di Milano del 1933, i suoi cinque Omaggi.

E’ del 1934 invece la prima personale al Circolo Filologico di Milano. Tra il 1933 e il 1944 esegue in Italia e all’estero diversi lavori “pubblicitari” per gli stand delle fiere. Inizia così l’esperienza polimaterica, ereditata in parte da Prampolini, ma personalizzata con tecniche più avanzate e un’audacia impensabile a quei tempi, che darà vita a una straordinaria serie di “pannelli e collage”. Nel 1937 a Parigi, alla Mostra Universale ottiene la medaglia d’oro. Dal 1939 al 1944 partecipa al Premio Bergamo (premiato 3 volte), alla Quadriennale di Roma (1939 e 1943) e alla Biennale di Venezia (1938, 1942 e 1944). Nel corso degli anni ottiene numerosi premi e riconoscimenti tra cui: il Premio Verona e il Premio Pier della Francesca a Firenze nel ‘42; il Premio Medardo Rosso a Milano nel ‘54; il 1° premio Comune di Milano nel ’57; il 1° premio Città di Imperia nel ’63; il 1° premio Maternità Mangiagalli nel 1966 e nel 1988 il Premio alla Riconoscenza della Provincia di Milano. La prima antologica è del 1971 alla Società Promotrice Belle Arti al Valentino di Torino.

Il riconoscimento del suo ruolo artistico a Milano avviene nel 1981 con l’ampia e approfondita antologica promossa dal Comune di Milano; oltre duecento le opere esposte a Palazzo Reale. A fine carriera farà seguito nel 1989 “Le due anime dell’enigma“, curata da A. Ginesi e promossa dal comune di Loreto. Nel 1959 la sua prima monografia edita da Bertieri e curata da Giorgio Kaisserlian, che l’anno successivo curerà anche una seconda, “15 disegni di Attilio Alfieri“, ed. Galleria del Milione. Ricordiamo inoltre le esposizioni dall’archivio Attilio Alfieri: nel 2004 alla Mole Vanvitelliana di Ancona in occasione del centenario della nascita, nel 2016 a Fano a cura del Credito Valtellinese.

1-2. Citazioni tratte dai diari di Attilio Alfieri, 1925-1931, Archivio Attilio Alfieri, Milano.


Inaugurazione venerdì 13 giugno ore 17,30                  

dal 13 giugno al 30 agosto 2025

Orario

martedì e giovedì: 9,30 – 13,00 / 15,00 – 18,00

mercoledì e venerdì: 9,30 – 13,00

sabato: 9,30 – 13,00 / 18,00 – 19,30

CART – Centro documentazione ARTe contemporanea Palazzo Pergoli – Falconara Marittima




Restauri, copie hi-tech, riallestimento: a Urbino lo Studiolo del Duca torna alle origini come l’aveva concepito Federico nel 1476

La chiusura era avvenuta lo scorso 4 novembre, poiché l’ambiente doveva essere interessato «da interventi di rifunzionalizzazione degli impianti che rispecchiano la nostra volontà di offrire un Palazzo Ducale sempre più accessibile, in grado di rispondere alle moderne esigenze della museografia e di emozionare il visitatore che arriva a Urbino» aveva detto il Direttore della Galleria Nazionale delle Marche, Luigi Gallo.


Lo Studiolo torna a essere visibile dopo una delicata, quanto impegnativa operazione comprendente interventi di restauro e un generale riallestimento dell’ambiente al fine di restituire l’aspetto omogeneo originario dell’opera, ricucendo il rapporto tra i ritratti degli uomini famosi che l’hanno sempre caratterizzato e le pareti lignee, eliminando le superfetazioni ottocentesche, riportando quanto più possibile i colori originali della stanza, che adesso si presenta in maniera diversa perché, insieme ai 14 ritratti di uomini famosi originali, da ora in poi ospita anche le riproduzioni hi-tech degli altri 14 che attualmente si trovano al Museo del Louvre. Infatti grazie a un partenariato con il museo parigino che ha messo a disposizione le fotografie in alta risoluzione delle opere mancanti, è stato possibile ricostruire l’aspetto originale dello Studiolo del Ducacosì come Federico da Montefeltro l’aveva concepito, prima degli interventi dei Barberini che ne asportarono alcune parti, alterando per sempre l’unitarietà quattrocentesca.


In soli sei mesi, quindi si è attuato il restauro e il completo riallestimento dello Studiolo così come la restituzione, più approfondita e veramente filologica, di uno dei complessi più importanti dell’architettura del Quattrocento.


A margine di tutto ciò, da sottolineare che con l’inaugurazione della grande mostra dedicata a Simone Cantarini – apertasi appena otto giorni fa come nuova tappa del cammino di riscoperta della grande arte marchigiana del Seicento – e con la riapertura dello Studiolo – con gli annessi elementi dei grandi comfort relativi all’appartamento del Duca – la Galleria Nazionale delle Marche mantiene ai massimi livelli l’offerta culturale di un’istituzione che nell’ultimo quadriennio ha visto raddoppiare i propri ingressi.


«Con il compimento dei lavori nell’appartamento del Duca – dice il Direttore Gallo – siamo al giro di boa dell’impegnativa campagna di adeguamento impiantistico, restauro e riallestimento del piano nobile del Palazzo Ducale di Urbino. Non è solo questione di quantità, quanto – e soprattutto – di qualità: con questo lotto, si riconsegnano alla fruizione gli ambienti più significativi del palazzo mentre appaiono, ricollocate nel nuovo allestimento, la maggior parte delle opere iconiche della Galleria Nazionale delle Marche: i due Piero della Francesca, la Città Ideale, Giusto di Gand, Pedro Berruguete e Paolo Uccello. L’importanza, anche scientifica, scaturita dai saggi, dalle osservazioni e dagli studi condotti a margine dei lavori, ci suggerisce anche un’iniziativa di condivisione che, molto probabilmente, nei prossimi anni ci porterà a una mostra e a una pubblicazione sul palazzo».


Cenni storico-artistici sullo Studiolo

Si tratta di un luogo di studio e di meditazione individuale le cui radici secolari affondano nei monasteri medievali. Con la riscoperta del mondo classico greco e romano da parte degli umanisti, la realizzazione di questi spazi raccolti si caricò di ulteriori significati legati alla cura dello spirito nelle ore lasciate libere dal lavoro quotidiano.

Sulla porta d’accesso dal lato della sala delle Udienze si era introdotti allo Studiolo dal ritratto dinastico di Federico e del figlio Guidubaldo del pittore spagnolo Pedro Berruguete.

L’abile scorcio dal basso e lo straordinario realismo della pittura si fondono per dare vita alla figura pubblica del signore di Urbino, rappresentato intento nella lettura, ma vestito dell’armatura che lo aveva reso grande tra i signori d’Italia. Il pittore aveva messo bene in vista i prestigiosi riconoscimenti ricevuti nell’estate del 1474 da Ferdinando d’Aragona re di Napoli, e da Edoardo IV d’Inghilterra: il collare dell’ermellino e la giarrettiera, ripetuti anche nelle tarsie.

Tradizionalmente, la conclusione della decorazione dello Studiolo è fissata al 1476, data scritta nella fascia celebrativa al di sotto del soffitto. Questo e le tarsie furono realizzati a Firenze dai fratelli Giuliano e Benedetto da Maiano, mentre i dipinti di 28 illustri personalità del mondo greco-romano e del medioevo, con significative presenze di personaggi contemporanei (l’amato maestro Vittorino da Feltre, l’amico Bessarione, papa Sisto IV), furono affidati, in Urbino, al fiammingo Giusto di Gand e poi completati dallo stesso Berruguete. La collocazione su due livelli separa gli uomini di chiesa in basso (con l’aggiunta dei poeti cristiani Dante e Petrarca), dai laici in alto. Di tutti loro Federico possedeva gli scritti nella sua biblioteca.

Più in basso, le tarsie, raffigurano scansie sui ripiani delle quali sono sparsi – in apparente disordine – armi, libri e pergamene, strumenti musicali e matematici, persino pedine degli scacchi, le Virtù teologali (Speranza, Fede e Carità) e Federico in persona. Sotto di esse, in una fascia divisa in riquadri, ci sono le imprese araldiche personali del Duca, che traducono in un sistema di simboli le sue qualità morali. A questo manifesto della cultura del signore di Urbino si unisce un gusto raffinato per il gioco arguto, che trasforma la realtà. Il realismo di stoffe e gioielli dipinti e l’illusione della prospettiva delle tarsie producono nell’osservatore l’immersione in uno spazio dove nulla è come sembra.

Nel 1631, con la morte di Francesco Maria II della Rovere, il ducato d’Urbino tornò alla Chiesa: fu allora che il cardinale Antonio Barberini, appassionato d’arte, si fece donare i dipinti dello Studiolo dallo zio papa Urbano VIII. Le grandi tavole furono strappate dalle pareti, segate in singoli riquadri e trasferite a Roma nella sua collezione; passarono quindi in quella di famiglia, dove rimasero fino al 1812.

Nel 1861, ben 14 ritratti furono acquistati da Napoleone III per il nascente Musée Napoleon, il futuro Louvre, dove attualmente si trovano. I ritratti rimasti in Italia furono acquistati dallo Stato nel 1934 e destinati alla Galleria Nazionale delle Marche.

Adesso i 14 ritratti mancanti tornano a Urbino in forma di copia identica all’originale, contribuendo a ricreare l’aspetto primitivo dello Studiolo.


Gli interventi conservativi nei secoli

La vicenda conservativa delle tarsie riporta minime modifiche ai suoi elementi, con pochi dati certi relativi alla risistemazione dello stanzino da parte del cardinal legato Pasquale Badia, di un intervento del novembre 1883, del successivo smontaggio da parte di Pasquale Rotondi, nel 1939, durante la messa in sicurezza dei beni storico-artistici dai danni della guerra, e del restauro del periodo 1969-72 eseguito a Bologna da Otello Caprara, l’ultimo in ordine di tempo prima dell’attuale. A oggi non sono note informazioni, memorie grafiche o documentarie sullo Studiolo che testimonino il suo stato nell’arco di tempo che va dal 1632 al 1852-53.

In relazione al soffitto si sa ancor meno: al di là di qualche ravvivamento della cromia degli intagli, tuttora molto visibile sull’intera superficie, l’unico restauro a oggi documentato è quello eseguito nel 1969-72 da Silvestro Castellani, il quale annotava che in precedenza esso non era mai stato oggetto di uno smontaggio.


L’attuale restauro

Nell’ambito dei lavori relativi al restauro complessivo di Palazzo Ducale di Urbino, una parte delle operazioni ha riguardato in particolare il piano nobile, dove numerosi erano stati gli interventi nel corso dell’Ottocento del Novecento.

A conferma del fatto che ogni restauro è prima di tutto un’opportunità di conoscenza, gli attuali interventi, fondati sulla ricerca storica attraverso anche l’analisi di documentazione d’archivio, hanno inteso riportare quanto più possibile gli spazi al loro aspetto originario. In tal senso il processo di restauro, curato dal direttore della Galleria Nazionale delle Marche, Luigi Gallo, in stretta collaborazione con il funzionario architetto Francesco Primari, lo storico dell’arte Giovanni Russo e la restauratrice Giulia Papini, ha prodotto un importantissimo accrescimento della conoscenza degli interventi subiti dal palazzo, indispensabile per la migliore tutela e valorizzazione del bene.

Più specificamente, l’intervento all’appartamento del Duca – sicuramente la parte più preziosa del palazzo -, ha riguardato lo Studiolo. Al fine di procedere all’ammodernamento degli impianti, per la prima volta lo storico ambiente è stato sottoposto a un intervento complessivo che si può così riassumere:

– smontaggio e rimontaggio di tarsie e porte, eseguito partendo dagli appunti di Pasquale Rotondi che smontò lo Studiolo per metterlo al sicuro durante la Seconda Guerra Mondiale;

– smontaggio e poi rimontaggio del soffitto ligneo, che in realtà è un controsoffitto decorato, che copre il vero soffitto costituito da un semplice tavolato;

– tutti i materiali lignei (soffitto, tarsie, Ritratti degli Uomini Illustri e porte dell’appartamento) sono stati sottoposti ad anossia, trattamento antiparassitario e poi restauro;

– realizzazione dei nuovi impianti (per questa operazione, nelle restanti sale, è stato necessario smontare porzioni di pavimento che poi sono state riposizionate);

– pulitura del pavimento in cotto (sembra che in origine, nel solo Studiolo, anche il pavimento fosse in legno) e degli elementi lapidei dell’intero appartamento;

– costruzione della nuova pannellatura nella parte alta, per ospitare riposizionare i Ritratti degli Uomini Illustri;

– posizionamento del nuovo sistema d’illuminazione nel vano della finestra dello Studiolo (effetto luce naturale) e del nuovo sistema di illuminazione (a soffitto) nelle altre sale;

– riposizionamento delle varie opere e degli arredi.

Come si può comprendere, si è trattato di un intervento sia di restauro, sia di riallestimento storico-critico dell’ambiente, estremamente complesso, che cambia completamente lo Studiolo non solo nella percezione, ma anche nella storia degli allestimenti e nella storia stessa di quell’ambiente.


Nuovo allestimento con due sorprese

Il nuovo allestimento dello Studiolo del Duca, uno dei luoghi di maggior suggestione del percorso museale della Galleria Nazionale delle Marche, ha fatto tesoro dei lunghi studi relativi alla sua primitiva realizzazione e alle vicende che ne hanno caratterizzato i quasi 550 anni di esistenza all’interno di una residenza sontuosa, fino all’attuale volontà di riportarne la lettura la più simile all’originale, anche se diversi elementi non sono più disponibili.

Infatti nello Studiolo si fondevano tarsie, pitture e intaglio ligneo, realizzati sia a Firenze, sia a Urbino, nella prima metà degli anni settanta del XV secolo. Quindi, la proposta di riallestimento ha dovuto tener conto della perdita parziale delle pitture causata dall’asportazione barberiniana del 1632 e delle modifiche che la stanza ha subito, specialmente nella parte superiore, dal 1632 alla fine degli anni settanta del secolo scorso.

In pratica si è immaginato uno spazio complesso che tenesse maggiormente conto delle strutture similari impiegate per la costruzione di polittici e di macchine d’altare ‘all’antica’, correnti nell’Italia del terzo quarto del Quattrocento. In quest’ottica si deve leggere anche la nuova proposta illuminotecnica, che ha l’obiettivo di restituire alla stanza un’atmosfera d’ambiente per valorizzarne tutte le componenti, con l’aggiunta di alcuni puntamenti localizzati.


Ma non basta.

Le ricerche condotte da Giovanni Russo, nel corso del restauro dello Studiolo, hanno permesso di restituire all’appartamento del Duca quelli che erano considerati all’epoca due grandi comfort: la latrina del Duca (spazio dedicato ai bisogni corporei che è stata riportata a una lettura completa) così come, nella camera da letto, è stato rimontato un fastosissimo lavabo che era stato smurato nel corso dell’Ottocento quando il palazzo divenne sede della Prefettura che poi, nel corso del Novecento, era stato rimontato in maniera non coerente: lo stesso Pasquale Rotondi non aveva compreso che certi elementi erratici in realtà erano parte di una sola grande struttura che è stata riconosciuta tramite documenti archivistici e, in particolare, alle accurate vedute di Romolo Liverani.

È stato quindi possibile ricomporre, nella posizione originaria nella camera da letto del Duca, questo fastoso elemento dell’arredo primitivo che contribuisce a restituire, insieme allo Studiolo, l’aspetto che aveva quella parte essenziale dell’appartamento all’interno del Palazzo Ducale.


INFO 
Galleria Nazionale delle Marche
Palazzo Ducale di Urbino
Piazza Rinascimento 13, 61029 Urbino (PU)
Telefono: 0722 2760
Orari: da MA a DO: dalle 8:30 alle 19:15 (chiusura biglietteria ore 18:15); LU chiuso
Ingresso: € 12 intero; € 2 ridotto
gan-mar@cultura.gov.it
www.GNDM.it




Collaborazione tra la Collezione Guggenheim e le Belle Arti di Urbino per il restauro di “Dinamismo di un cavallo in corsa + case”

Collaborazione tra la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia e l’Accademia di Belle Arti di Urbino per riportare al suo aspetto originario “Dinamismo di un cavallo in corsa + case”, opera scultorea realizzata nel 1915 da Umberto Boccioni associando legno, cartone e metallo parzialmente dipinti in un uso futurista dei piani.

Quarant’anni dopo il restauro, la Peggy Guggenheim Collection, su iniziativa del suo conservatore Luciano Pensabene, ha deciso di riprendere il dialogo e lo studio del lavoro di Boccioni coinvolgendo la Scuola di Scultura dell’Accademia, che vanta un laboratorio 3D all’avanguardia, per eseguire una scansione e una riproduzione dell’opera con l’obiettivo di effettuare tutte le modifiche necessarie al fine di comprenderne e ristabilirne lo stato originario.

I risultati di questo lavoro saranno presentati venerdì 6 giugno alle ore 10.00 presso l’Aula Magna dell’Accademia di Belle Arti di Urbino con una conferenza in cui sarà esposta la maquette dell’opera.

Interverranno la presidente dell’Accademia Maria Rosaria Valazzi, il direttore Luca Cesari, il conservatore della Peggy Guggenheim Collection Luciano Pensabene, il restauratore e docente dell’Accademia Stefano Lanuti, il presidente della Scuola di Scultura Giuseppe Mascia.

Durante il restauro del 1986, eseguito da Sergio Angelucci e Stefano Lanuti, e nelle successive manutenzioni, si sono evidenziate alcune incongruenze (ricavate da dettagli presenti sull’opera e da immagini e documenti di archivio), che lasciano pensare che originariamente l’aspetto fosse diverso da quello attuale. L’opera fu acquistata da Peggy Guggenheim nel 1958 dagli eredi Marinetti e da allora è esposta a Venezia.

Lo studio attuale, in primo luogo, ha lo scopo di comprendere meglio quale fosse lo stato in cui l’opera venne lasciata da Boccioni (compiuta o incompiuta che fosse), verificare gli interrogativi sorti durante il restauro e rispondere alle domande degli studiosi su come l’artista intendesse presentare l’opera, contemplando anche la possibilità di spostare alcuni elementi per riportarli nella loro posizione originaria.




Venerdì 6 giugno ore 21:15 inaugura alla Rocca Malatestiana di Fano (PU) la sedicesima edizione di Fano Centrale Festival

Venerdì 6 giugno ore 21:15 inaugura alla Rocca Malatestiana di Fano (PU) la sedicesima edizione  di Fano Centrale Festival, una rassegna di eventi sulla fotografia e l’arte contemporanea a cura di  Luca Panaro e Marcello Sparaventi. Conversazioni con gli artisti, presentazioni di libri, esposizione  di opere fotografiche e di videoarte, più di venti autori coinvolti provenienti da varie regioni d’Italia  e dall’estero. Tutte le mostre sono a ingresso gratuito con visite guidate fino al 21 giugno 2025. 

OPEN CALL 

I progetti espositivi scelti tra molte candidature Under 30 sono stati visionati da Valentina  Barbagallo, Bianca Basile, Giuseppe Mendolia Calella di Balloon Project. Dalla selezione è nata la  mostra Symbolum che vede protagoniste le opere di cinque artisti provenienti da ogni regione  d’Italia e dall’estero: Henry Airo, Francesca Atzori, Matteo Bernabè, Giuseppe Anthony Di  Martino, Francesca Sonda

SPECIAL GUEST 

Centrale Festival ha dimostrato negli anni una particolare attenzione alla valorizzazione di autori  impegnati nella ricerca e nella sperimentazione, infatti, per la sedicesima edizione, i curatori Luca  Panaro e Marcello Sparaventi hanno deciso di invitare l’artista concettuale Adriano Altamira.  Nella sala principale della Rocca Malatestiana l’autore presenta la celebre serie Area di  coincidenza e il più recente lavoro intitolato Visti per caso. 

EDUCATIONAL 

Anche quest’anno Centrale Festival ospita un progetto di ISIA Urbino, L’orto dei semplici, a cura  di Paola Binante e Stefano Veschi, con le opere degli studenti. L’Istituto Superiore di Industrie  Artistiche presenta in questa edizione le immagini di quattro autori del corso Magistrale in  Fotografia: Antonio Andretta, Giuseppe Curcio, Andrea Franceschetti, Giulia Zichella

FOCUS 

Come ogni anno Centrale Festival propone alcune installazioni a cura di Chippendale  Studio e Associazione Centrale Fotografia, concepite come riflessioni su specifici argomenti e al  contempo sviluppate come progetto espositivo. Per questa edizione sarà in mostra il  progetto Luce dei miei occhi di Matteo Girola e l’opera Light // Flesh // Flux di Gianluca  Vincenzetti

AREA LIBRI 

Per ogni edizione di Centrale Festival la gestione del bookshop alla Rocca Malatestiana di Fano è  affidata a un editore, quest’anno è la volta di studiofaganel di Gorizia. Fondato da Sara  Occhipinti e Marco Faganel, studiofaganel è una galleria d’arte, una casa editrice indipendente e  una libreria specializzata in fotografia.

IN CENTRO 

La mostra Tempi d’oro. Gli artisti orafi nella città si sviluppa in vari luoghi del centro storico e  coinvolge per gli allestimenti la classe 4B Design dell’arredamento del Liceo Artistico Nolfi Apolloni di Fano guidata dal prof. Giovanni Ferri, con la collaborazione di Carlo Bruscia direttore  artistico dell’Accademia Orafa Fano e degli artisti orafi Luca Badei, Andrea Ciccolini, Daniele  

Gaudenzi e Mauro Longhini, Alessandro e Giovanni Principi, Luca Zandri. In mostra le immagini di Lorenzo Babbi, Claudia Barboni, Marco Boschetti, Paolo BraconiStefania Cimarelli, Chiara Ciriachi, Cristina Fori, Chiara Franca, Simone Gambini, Paola  Giombetti, Marta Guido, Mauro Poltronieri, Paolo Rossi, Jenny Sanchini, Paola ScarlattiLuciano Serafini, Antonella Speziale, Marina Tonelli, Ileana Travani, Alessandro Venturoli. Dehor Caffè Centrale, Corso Matteotti 104, Fano  

CentraleEdicola, Piazza Amiani, Fano  

Spazio RIN, via Rinalducci 30, Fano (7 giugno h.11-13, 8 giugno h. 16-18)  

AL MUSEO 

Durante la giornata conclusiva di Centrale Festival sarà presentato il catalogo Fotografia Centrale con la documentazione delle opere acquisite dal Comune di Fano. Il progetto è stato sostenuto  da Strategia Fotografia 2023, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del  Ministero della Cultura e la curatela scientifica dell’Associazione Centrale Fotografia. Uno sguardo  sul territorio marchigiano di autori contemporanei in dialogo con le collezioni del Museo Civico di  Fano. Fotografie di Olivo Barbieri, Fabrizio Bellomo, Marilisa Cosello, Paola De Pietri, Mario  

Giacomelli, Fabio Sandri, Davide Tranchina. A cura di Luca Panaro e Marcello Sparaventi. Museo del Palazzo Malatestiano, Piazza XX Settembre 4, Fano  

ROCCA MALATESTIANA, Piazzale Malatesta, Fano 

6 giugno h. 21-24  

7 giugno h. 11-13 / 16-20 / 21-24  

8 giugno h. 10-13 / 16-20 

13-14 giugno h.17.30-19.30  

20-21 giugno h.17.30-19.30 

Ingresso gratuito