di Ester Muscò A cento anni dalla nascita, e a trenta dalla morte, Urbino ricorda la figura e l’opera di Paolo Volponi (1924-1994), uno dei maggiori scrittori del Novecento, con un convegno internazionale e una grande mostra biografico-documentale.
Nella mattinata di ieri 6 febbraio, è stata inaugurata la mostra Paolo Volponi. Un itinerario nella vita e nell’opera, una mostra storica, un’occasione di conoscenza mai prima offerta, nella sede della Fondazione Carlo e Marise Bo di Urbino, a cura di Caterina Volponi, Alessio Torino, Elena Baldoni e Salvatore Ritrovato, con la collaborazione di Marcella Peruzzi, Alberto Fraccacreta, Sara Serenelli e Ursula Vogt.

Dopo i saluti del magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo Giorgio Calcagnini, è palpabile l’emozione che si respira in sala per la grande impresa compiuta e per l’intero anno ricco di celebrazioni per il centenario della sua nascita. Tre anni che si parlava di questo evento.

Seduta in prima fila la figlia di Paolo Volponi, Caterina e il suo impegno collettivo per tante attrazioni di tanti studiosi presso la Fondazione.

L’opera volponiana definita ‘intrecciata’ dal Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Urbino Luca Cesari in una sua lettere recapitata in sala, vista la sua assenza, si snoda in un corridoio di ricordi familiari e amicali con il professore Gualtiero De Santi nonché amico di Polo Volponi.
Una memoria storica quella di Gualtiero, che parte con il suo intervento da un punto di vista: se la mostra sarebbe piaciuta a Volponi.
La risposta dettata da quell’amicizia che supera spazio e tempo, è senz’altro positiva. Il carattere formativo e informativo di questa iniziativa con un tono celebrativo, forse lo stesso Volponi, uno dei più grandi scrittori della seconda metà del ‘900, non avrebbe gradito.

Di recente scoperta è per me la magnificenza di Paolo Volponi e del suo tener acceso il riflettore sullo scenario italiano, partendo da Urbino in rapporto all’Italia.
Il suo pensiero di agire, ‘spingere l’ora in avanti’, colpisce per tutte le cose che ha fatto, come scrittore e come politico.
Politico in quanto scrittore in quegli anni di scena di Pier Paolo Pasolini, Calvino , Montale e il grande dono di coinvolgere i lettori e portarli in quella elettiva dimensione.
Un popolo di relatori giovani presi dai contenuti di Volponi, persino tra i pasoliniani e le “mens pensanti” dell’avanguardia si piazzava al centro, amato da entrambe le correnti, trascinando i lettori in maniera democratica (Il Corporale).

Volponi, letterato e politico, ci lascia la più bella eredità: nonostante la sconfitta storica, non si è mai arreso, e la nostra eredità va protetta , va contenuta e riconquistata.
Il materiale documentario, che ripercorre la vita e le ricche opere di Volponi, è stato disposto in ordine cronologico, in 28 teche distribuite in 9 ambienti, seguendo il filo della vita dello scrittore teso fra una città e l’altra (Urbino, Roma, Ivrea, Milano) di una ricca e complessa geografia esistenziale ricche di documenti manoscritti e dattiloscritti, disegni, foto originali, donate dalla figlia Caterina all’Università di Urbino.
Riporto testualmente le didascalie delle foto di alcune delle 28 teche :
[Teca 1]Volponi e Bo
Il rapporto tra Paolo Volponi e Carlo Bo nasce con la prima raccolta, Il ramarro, nel 1948, e prosegue ininterrotta fino alla morte del poeta urbinate nell’agosto del 1994, che Bo ricorda con un articolo su «Il Resto del Carlino». La presente teca mostra alcuni documenti che testimoniano l’immediata intesaumana fra Bo e Volponi, e per certi aspetti la saldatura fra i loro punti di vista su una letteratura dalla viva spinta etica, pur nella diversità degli approdi: ecco, dunque,la prima edizione di Memoriale (1962) sulla quale Bo ha preso appunti; le bozze della prima edizione de La macchina mondiale (1965), con dedica di Volponi («Milano, 13 aprile 1965. Caro professore, eccole le bozze, anzi il libro nudo, con l’affetto e la trepidazione più cordiali. Spero che possa ritrovarvi qualche verità urbinate: l’aria, la lingua, l’incantamento, la ribellione, solitaria, la bontà; e che possa riconoscervi ogni tanto il suo devotissimo Paolo»); la recensione alla La macchina mondiale che Bo pubblicò sul «Corriere della Sera» (1 maggio 1965); la foto di un incontro nelle aule universitarie di Urbino, che vede seduti, da sinistra, Giovanni Bogliolo, Mario Luzi, Carlo Bo e Paolo Volponi. Oltre a documenti privati: una cartolina di Bo a Volponi, Milano, 12 gennaio 1961;una lettera dattiloscritta di Volponi a Bo, da Ivrea 19 maggio 1965; un biglietto autografo di Bo a Volponi, Natale 1985.
[Teca 2]Urbino
Urbino è la grande stella polare nel cielo di Volponi, ma l’amore, assoluto, sempre dichiarato e cantato in tutta la sua opera, fatto di prodigiosa conoscenza, precisissima quanto estesa e dettagliata, di luoghi, opere d’arte, uomini, costumi, storia, come di compenetrazione fusionale nella natura della sua terra, e di legami di vero affetto con tanti suoi abitanti (la piazza era la prima tappa di ogni ritorno, intensamente desiderato, a Urbino), non ha mai offuscato la lucidità della sua visione sui problemi e i mali della città. “Urbino è bella perché era brava”, frase di uno dei suoi ultimi discorsi pubblici, può essere quasi la sintesi del suo pensiero: riportare la città ad avere un’economia, una società attiva e un ruolo adeguato, il suo impegno e la sua esortazione ai concittadini. Dall’isolamento dalle grandi linee di trasporti alla statizzazione dell’Università, dal dibattito sul piano regolatore alla progettazione di un nuovo cimitero, dalla proposta di istituzione di una facoltà avanzata di agraria alla salvaguardia delle mura cittadine, alcuni temi della sua attenzione civica e del suo impegno politico sono qui testimoniati da una piccola scelta di documenti; poi: lettera a Giovina Jannello, 1958, con racconto della campagna elettorale a Urbino; lettera a Egidio Mengacci, Ivrea 1960, di nostalgia per Urbino; nelle foto: presentazione di Cantonate di Urbino con Italo Mancini e Gualtiero De Santi, 1985; foto con amici urbinati (Carlo Ceci, Renato Bruscaglia, Elio Boni, Giorgio Cerboni Bajardi); istantanee di occasioni festose o di più quotidiane spese in pescheria o accanite partite di carte all’osteria in via Mazzini.

[Teca 4]Giovina
La futura moglie, Giovina Jannello, nasce a Tunisi il 29 maggio 1926 da Emidio (1900-1959), di famiglia siciliano-abruzzese, e Wanda Jconomidis (1905-1967), greca di Smirne. Una giovinezza itinerante per il Mediterraneo e per l’Italia (Arezzo, Trieste, Torino) seguendo il lavoro del padre ingegnere, che aveva rifiutato di iscriversi al Partito Nazionale Fascista. La laurea a Torino in giurisprudenza sul diritto penale inglese “con diritto di stampa” e poi gli alti studi a Londra, Chicago e Harvard. Dal 1956 assistente personale di Adriano Olivetti, lasciata nel 1962 l’azienda collaborerà con il mondo editoriale ed intellettuale per pareri e traduzioni. Dopo la morte del marito sarà curatrice della sua opera. Nella teca, in particolare: foto e documenti del periodo americano, la scheda di assunzione all’Olivetti, lettere di Fernanda Pivano e della casa editrice Garzanti, dichiarazioni e interviste degli anni 2000, fotografie con Silvana Ottieri e Giansiro Ferrata a Milano negli anni ’70 e con la famiglia del fratello Romano (1928-2012), ingegnere, campione di equitazione, nei primi anni 2000. Muore a Urbino, dove si era trasferita negli ultimi anni, il 18 gennaio 2018.
[Teca 6]I “maestri”: Adriano Olivetti e Pier Paolo Pasolini
Paolo Volponi conobbe Adriano Olivetti nel 1949, su presentazione di Carlo Bo e Franco Fortini. Quell’incontro, ricordato in numerose interviste, segnò indelebilmente il suo destino: vide l’inizio di una vita lavorativa e poi di una carriera importante, ma, soprattutto, dal magistero di Olivetti, in campo aziendale come in quello civile e sociale, Volponi fu formato e ispirato per tutta la vita, come da lui stesso testimoniato in molte occasioni e come ricorda la dedica apposta a Le mosche del capitale. Nel 1954 il Premio Carducci di Pietrasanta per la poesia venne assegnato ex aequo a Volponi (L’antica moneta) e Pier Paolo Pasolini (La meglio gioventù): da quella prima conoscenza nacque un’amicizia profonda. Volponi considerava Pasolini un maestro sul piano intellettuale e letterario e insieme un fratello cui poter confidare senza filtri tutte le proprie angosce e speranze di vita. La forza e la ricchezza della loro amicizia, dagli anni romani fino alla morte di Pasolini, è testimoniata, oltre che da numerosi interventi, interviste e scritti, dal carteggio raccolto in Scrivo a te come guardandomi allo specchio. Dopo l’assassinio del poeta, Volponi si batterà, insieme a Laura Betti e all’Associazione Fondo Pier Paolo Pasolini, per fare emergere la verità su quello che definiva senza mezzi termini un delitto politico. Nella teca, in particolare: lettera ai genitori su un incontro con Olivetti; foto della presentazione di una nuova macchina, Ivrea, anni ’60 (con Volponi si riconoscono Roberto Olivetti e ElserinoPiol); in ufficio a Ivrea con Libero Bigiaretti, uno dei tanti intellettuali che lavoravano in Olivetti in quegli anni; una foto del giugno 1964, Volponi e Giansiro Ferrata presentano alla Casa della cultura di Milano Poesia in forma di rosa (nel dibattito cheseguì, Franco Fortini attaccò il libro e Volponi ne prese le difese; Pasolini gli scrisse in seguito: «[…] ti ringrazio per l’altra sera: ma ti ringrazio come si ringrazia un eroe […]»); quadretto di Pasolini con dedica a Paolo sul retro («A Paolo Volponi nel 1964, questo quadretto del 1942 o ’43. Con grande affetto, Pier Paolo Pasolini»). Infine varie dediche di Pasolini a Volponi: quella alla prima edizione de Le ceneri di Gramsci,«Al suo vecchio Paolo col più grande affetto, Pier Paolo Pasolini. Milano 8 giugno 1957»; quella alla prima edizione di Poesia in forma di rosa, «Al carissimo Paolo in un momento felice della sua vita (dolori di una sera milanese, buon punto del suo romanzo), Pier Paolo»; infine, quella tanto concisa quanto allarmata, alla prima edizione di Calderón, del 1973, «A Paolo il suo Pier Paolo, come tra naufraghi».

[Teca 9]Il ramarro
Prima edizione de Il ramarro, con la presentazione di Carlo Bo, Istituto d’Arte, Urbino 1948.

[Teca 11]Le porte dell’Appennino
Il percorso lirico di Volponi prosegue con Le porte dell’Appennino, edita da Feltrinelli nel giugno 1960,in cui è centrale il tema del viaggio e del ritorno, come sarà per La strada per Roma. Urbino è un punto fermo, nonostante la sua «nemica figura» (vd. il manoscritto autografo e il dattiloscritto con correzioni autografe). Così scrive l’autore nella consueta dedica a Carlo Bo: «Al mio caro maestro Carlo Bo, anche per dirgli che la mia fedeltà a Urbino comprende l’affetto e la riconoscenza che gli porto, il suo Paolo. 14 giugno 1960». Ma il destino, su cui il poeta riflette sin dal primo componimento, La vita (vd. dattiloscritto con correzioni autografe) è altrove, precisamente a Ivrea dove lavora come direttore dei servizi sociali presso la Olivetti e dove vive con Giovina (cui dedica l’ultima poesia della raccolta, Muore la giovinezza) e i figli nella prima casa coniugale a Ivrea (vd. foto). Se le lettere – di Elio Vittorini (29 ottobre 1959), di Giorgio Cerboni Baiardi (8 ottobre 1960), di Giulio Einaudi (11 settembre 1964) – testimoniano un intenso scambio culturale, con il conferimento del Premio Viareggio (vd. foto con Salvatore Quasimodo e Carla Gravina e gli articoli di Valerio Volpini, Un poeta di Urbino premiato a Viareggio, in «Prospettive marchigiane», a. II, luglio-agosto 1960, e di Domenico Gonnella, Poesie di Paolo Volponi, «Marche nuove», dicembre 1960) Volponi può considerarsi a ragione un poeta già nel fuoco della controversia, «sul diamante degli edifici».

[Teca 13]Memoriale
Memoriale è il primo romanzo da Paolo Volponi ed è stampato da Garzanti nel marzo 1962. In esso l’autore urbinate riprende e supera la cosiddetta “letteratura industriale”, capace di far trasparire con acre lucidità nessi pressoché antitetici come uomo e fabbrica, alienazione e vita autentica. Albino Saluggia, protagonista dell’opera, tubercolotico e solitario, si muove sul crinale della follia, guidato soltanto dall’illusione di poter trasformare la sua esistenza. Memorabile fu la presentazione del libro a Roma, il 5 aprile 1962, con Alberto Moravia, Geno Pampaloni, Pier Paolo Pasolini(vd. foto e fascicoletto degli interventidei relatori, e foto del firmacopie a Elsa De Giorgi e Giambattista Vicari). Arricchiscono la teca una lettera di Italo Calvino a Volponi, datata al 9 giugno 1961; un appunto manoscritto di Elio Vittorini sul romanzo (s. d.); una bozza di lettera indirizzata a Emilio Servadio (s. d.); alcuni giudizi critici sul romanzo, pubblicati su «L’Espresso» il 22 aprile 1962; una vignetta dedicata a Memoriale, uscita su «Il Giorno» il 13 giugno 1962; e due fogli manoscritti del romanzo.

La mostra durerà fino al 13 dicembre 2024.
Il convegno internazionale su Paolo Volponi vede, nelle sue tre giornate consecutive dal 6 all’8 febbraio, la relazione di ventidue relatori, la maggior parte dei quali provenienti da università italiane e straniere aprendo una importante stagione di seminari e giornate di studio che avrà Urbino come punto di partenza come capofila di una rete di atenei italiani (Pavia, Padova e Pisa).
La prima sessione dedicata alla valorizzazione e allo studio del ricchissimo Fondo manoscritti Volponi ora custodito presso l’Archivio Urbinate della Fondazione Bo.
La seconda e la terza sessione offrono un approfondimento critico dell’opera di Volponi, dai primi versi alle ultime prove narrative, nel quadro di un secolo estremamente complesso, ancora pieno di ombre, dolorosa eredità.
Infine, l’ultima sessione tenterà un bilancio delle nuove prospettive critiche formulate grazie anche all’acquisizione degli importanti materiali documentali e una riflessione sull’“eredità” dello scrittore urbinate, non solo per quanto attiene alle nuove vie della letteratura contemporanea che ne rilanciano la lezione, ma anche per l’attualità del suo messaggio, che, pur attualizzato in direzione dell’ecocriticism e del “postumano”, non prescinde dalla considerazione delle obiettive diseguaglianze che esistono nel mondo e dalla necessità di superarle.
