Al Museo Polare di Fermo sabato 21 maggio sarà aperta la nuovissima Sala Molinari che accoglierà un patrimonio eccezionale di oggetti e grafiche degli Inuit

Al Museo Polare di Fermo sabato 21 maggio sarà aperta la nuovissima Sala Molinari che accoglierà un patrimonio eccezionale di oggetti e grafiche degli Inuit

Colpo grosso al Museo Polare di Fermo. Ma non si tratta di furto. Bensì dell’esatto contrario: un apporto notevolissimo a quello che è già uno dei più importanti musei polari d’Europa. Sabato 21 maggio, alle ore 18 in corso Cavour 68, a Fermo, sarà aperta la nuovissima Sala Molinari che accoglierà un patrimonio eccezionale di oggetti e grafiche riguardanti l’arte e la vita degli Inuit. Si tratta di una collezione di oltre cento manufatti, vere e proprie opere d’arte, che la signora Anna Molinari ha voluto donare prima della sua morte a Renato Zavatti, Presidente dell’Associazione Esplorazioni Polari Italiane.


Il gesto della gallerista milanese è partito dalla consapevolezza dell’importanza mondiale del Museo Polare fermano e dal riconoscimento del lavoro svolto dal grande esploratore Silvio Zavatti continuato da suo figlio Renato e da sua nipote Lucia, storica dell’arte. La signora Anna Molinari aveva potuto constatare la rilevanza del museo, oggi del Comune di Fermo, intervenendo ad un convegno a Villa Vitali nel 2001.


Al Museo Polare di Fermo la Sala Molinari accoglierà un patrimonio eccezionale di oggetti e grafiche degli Inuit

I pezzi della Collezione Molinari provengono dal Canada Nord Occidentale, da quella terra ribattezzata Nunavut, che significa Nostra Terra, attualmente  autogovernata dagli Inuit, e che si estende su una superficie di poco più di 2.000.000 di km2, corrispondenti alla dimensione dell’Europa occidentale.


La collezione, come dicevamo, «si compone – ha scritto l’antropologa Daniela Zanin, che sta curando il catalogo di prossima uscita – di circa un centinaio di sculture e utensili, in serpentino, steatite, osso e avorio – risalenti alla seconda metà del secolo XX – ai quali si aggiungono alcune grafiche ottenute grazie all’utilizzo di apposite matrici in steatite intagliate dagli scultori inuit canadesi».


«Le statue – continua la Zanin – sono il risultato del felice connubio che si è creato tra  innovazione e memoria e,  seppur realizzate secondo i canoni dell’arte figurativa contemporanea, evocano il passato, quando la spiritualità connotava il credo animistico degli Inuit, i quali credevano fermamente alla pluralità di spiriti e alla potenza della natura. Non esisteva pertanto un pantheon di divinità da  venerare bensì un insieme di personaggi mitologici da rispettare e perlopiù collegati al mondo naturale».


Le opere condensano la vocazione degli artisti Inuit e rivendicano l’identità e il riscatto di un popolo che ha attraversato periodi non certo felici. Hanno inoltre un notevole valore etnografico rivelando i propri sistemi di sussistenza e di vita familiare. Un connubio tra passato e presente.


Con questa nuova acquisizione, che va a sommarsi alle collezioni Zavatti, Malaurie, Gabbrielli, e la prevista turnazione degli oggetti esposti, il Museo Polare di Fermo mostra la sua vivacità e l’intenzione di non essere solo un contenitore di manufatti, seppur di vaglia, ma un punto di propulsione e dinamismo per iniziative capaci di collegarsi con i centri più significativi che studiano l’ Artico. Da tenere in considerazione, spiega il direttore dell’Istituto Geografico Polare: lo studioso Gianluca Frinchillucci, «che l’Italia è potuta entrare a far parte del Consiglio Artico proprio grazie alle scoperte degli esploratori tra cui Silvio Zavatti, oltre che il Duca degli Abruzzi, Guido Monzino e pochi altri». Quel Consiglio Artico che discute, tra gli altri temi, di nuove strategie geo-politiche e nuove rotte.


Con la guerra in Ucraina, proprio l’Artico è tornato protagonista. Frinchillucci ha partecipato recentemente con una propria relazione al Convegno nazionale riguardante quella parte del mondo.


Renato Zavatti sottolinea l’importanza del Museo che si pone a disposizione di studiosi, ricercatori, università, fondazioni, scolaresche e turisti, e di quanti amano conoscere l’Artico e i suoi abitanti.


Dopo l’apertura di sabato 21 maggio, un importante convegno previsto per novembre prossimo richiamerà personaggi di primo piano da tutta Europa.

Colpo grosso al Museo Polare di Fermo. Ma non si tratta di furto. Bensì dell’esatto contrario: un apporto notevolissimo a quello che è già uno dei più importanti musei polari d’Europa.

Sabato 21 maggio, alle ore 18 in corso Cavour 68, a Fermo, sarà aperta la nuovissima Sala Molinari che accoglierà un patrimonio eccezionale di oggetti e grafiche riguardanti l’arte e la vita degli Inuit. Si tratta di una collezione di oltre cento manufatti, vere e proprie opere d’arte, che la signora Anna Molinari ha voluto donare prima della sua morte a Renato Zavatti, Presidente dell’Associazione Esplorazioni Polari Italiane.

Il gesto della gallerista milanese è partito dalla consapevolezza dell’importanza mondiale del Museo Polare fermano e dal riconoscimento del lavoro svolto dal grande esploratore Silvio Zavatti continuato da suo figlio Renato e da sua nipote Lucia, storica dell’arte.

La signora Anna Molinari aveva potuto constatare la rilevanza del museo, oggi del Comune di Fermo, intervenendo ad un convegno a Villa Vitali nel 2001.

I pezzi della Collezione Molinari provengono dal Canada Nord Occidentale, da quella terra ribattezzata Nunavut, che significa Nostra Terra, attualmente  autogovernata dagli Inuit, e che si estende su una superficie di poco più di 2.000.000 di km2, corrispondenti alla dimensione dell’Europa occidentale.

La collezione, come dicevamo, «si compone – ha scritto l’antropologa Daniela Zanin, che sta curando il catalogo di prossima uscita – di circa un centinaio di sculture e utensili, in serpentino, steatite, osso e avorio – risalenti alla seconda metà del secolo XX – ai quali si aggiungono alcune grafiche ottenute grazie all’utilizzo di apposite matrici in steatite intagliate dagli scultori inuit canadesi».

«Le statue – continua la Zanin – sono il risultato del felice connubio che si è creato tra  innovazione e memoria e,  seppur realizzate secondo i canoni dell’arte figurativa contemporanea, evocano il passato, quando la spiritualità connotava il credo animistico degli Inuit, i quali credevano fermamente alla pluralità di spiriti e alla potenza della natura. Non esisteva pertanto un pantheon di divinità da  venerare bensì un insieme di personaggi mitologici da rispettare e perlopiù collegati al mondo naturale».

Le opere condensano la vocazione degli artisti Inuit e rivendicano l’identità e il riscatto di un popolo che ha attraversato periodi non certo felici. Hanno inoltre un notevole valore etnografico rivelando i propri sistemi di sussistenza e di vita familiare. Un connubio tra passato e presente.

Con questa nuova acquisizione, che va a sommarsi alle collezioni Zavatti, Malaurie, Gabbrielli, e la prevista turnazione degli oggetti esposti, il Museo Polare di Fermo mostra la sua vivacità e l’intenzione di non essere solo un contenitore di manufatti, seppur di vaglia, ma un punto di propulsione e dinamismo per iniziative capaci di collegarsi con i centri più significativi che studiano l’ Artico. Da tenere in considerazione, spiega il direttore dell’Istituto Geografico Polare: lo studioso Gianluca Frinchillucci, «che l’Italia è potuta entrare a far parte del Consiglio Artico proprio grazie alle scoperte degli esploratori tra cui Silvio Zavatti, oltre che il Duca degli Abruzzi, Guido Monzino e pochi altri». Quel Consiglio Artico che discute, tra gli altri temi, di nuove strategie geo-politiche e nuove rotte.

Con la guerra in Ucraina, proprio l’Artico è tornato protagonista. Frinchillucci ha partecipato recentemente con una propria relazione al Convegno nazionale riguardante quella parte del mondo.

Renato Zavatti sottolinea l’importanza del Museo che si pone a disposizione di studiosi, ricercatori, università, fondazioni, scolaresche e turisti, e di quanti amano conoscere l’Artico e i suoi abitanti.

Dopo l’apertura di sabato 21 maggio, un importante convegno previsto per novembre prossimo richiamerà personaggi di primo piano da tutta Europa.

Dunque, un museo vivo, vitale, centro d’attrazione e di irradiazione! Una grande occasione per la città di Fermo. Un vanto per quanti l’amministrano. Dunque, un museo vivo, vitale, centro d’attrazione e di irradiazione! Una grande occasione per la città di Fermo. Un vanto per quanti l’amministrano.

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