Casa di bambola di Ibsen alle Muse con un grande Filippo Dini e una meravigliosa Compagnia / VIDEO E FOTOGALLERY
di Stefano Fabrizi
Sono due ore e 40 minuti, ma il tempo scorre catturati da una storia che conosciamo, ma che la regia di Filippo Dini e l’interpretazione di un cast veramente eccellente, ha reso emozionale e partecipativa.
Alle Muse di Ancona il capolavoro di Ibsen
La Stagione di Ancona ha visto in cartellone dal 4 al 7 novembre in esclusiva regionale Casa di bambola di Henrik Ibsen per la regia di Filippo Dini. Il cast: Filippo Dini, Deniz Özdoğan, Orietta Notari, Andrea Di Casa, Eva Cambiale, Fulvio Pepe, scene Laura Benz, costumi Sandra Cardin, luci Pasquale Mari, collaborazione coreografica Ambra Senatore, musiche Arturo Annecchino, aiuto regia Carlo Orlando, assistente costumi Eloisa Libutti, produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale / Teatro Stabile di Bolzano con il sostegno di Fondazione CRT.
https://youtu.be/OltWu1qRM8w
La trama
Casa di bambola, scritto durante una permanenza dello scrittore ad Amalfi, fece il suo ingresso nei teatri europei nel dicembre del 1879 e fu subito scandalo e polemica La vicenda. Per salvare la vita e la salute del marito Torvald , la giovane moglie aveva contratto un prestito da uno strozzino, Krogstad, all’insaputa di Torvald. Il gesto d’amore della donna viene disprezzato, sacrificato sull’altare del conformismo borghese di cui il marito rappresenta la quintessenza. Nora, agli occhi di Torvald, se prima era una “allodola”, una “testolina vuota”, un “passerotto sventato”, ora è una moglie indegna. Quando poi il marito si decide a perdonare Nora, salvate le apparenze, è ormai troppo tardi: la moglie scopre, improvvisamente e irreparabilmente, di vivere nella finzione di una bambola che sta nella sua casa, come una marionetta. La ricerca d’identità la spinge ad allontanarsi dalla famiglia e dai suoi stessi figli, diventando agli occhi di tutti, una madre snaturata.
I legami
Il legame importante non è solo quello tra i due coniugi Helmer: fondamentali sono anche le relazioni tra Nora e gli altri personaggi: Krogstad (Andrea Di Casa) tenta perfino di abusare di lei, mentre il dottor Rank (Fulvio Pepe) troverà il coraggio di dichiararle il suo amore. Essenziale per comprendere il tormentato vissuto di Krogstad è il sentimento che nutre per la signora Linde (Eva Cambiale). Testimone discreta delle vicissitudini di una coppia alla deriva è Anne Marie (Orietta Notari), governante di casa Helmer, anche lei con un passato burrascoso alle spalle.
Quando venne cambiato il finale
La prima rappresentazione di Casa di bambola di Ibsen, il 21 dicembre 1879, suscitò una vera e propria tempesta nella morigerata borghesia norvegese. Dalla Norvegia lo scandalo si dilagò in tutta Europa. Così, in quello scorcio di XIX secolo, l’attrice Neimann-Rabe arrivò al punto di chiedere a Ibsen di modificare il finale del dramma, perché non se la sentiva di correre il rischio di un insuccesso interpretando un personaggio così anomalo e così pericolosamente rivoluzionario.
La recensione di Gramsci
E ancora, quarant’anni più tardi, nel 1917, in Italia il pubblico italiano applaudiva sì l’attrice Emma Gramatica nella parte di Nora, ma restava “sbalordito e sordo” di fronte alla scena conclusiva del dramma: “sbalordito” che una donna potesse abbandonare la casa, il marito e i figli “per cercare se stessa, per scavare e rintracciare nelle profondità del proprio “io” le radici robuste del proprio essere, per adempiere ai doveri che ognuno ha verso se stessa prima che verso gli altri” e “sordo” di fronte alla profonda moralità del gesto della donna. Quella sera in teatro c’era, mescolato tra la folla, uno spettatore d’eccezione, Antonio Gramsci che pubblicò la recensione il 22 marzo 1917 su l’Avanti, la descrizione dello “scandalo” di quei bravi italiani, per i quali le donne potevano sì lavorare nei campi, in casa e nelle fabbriche, ma non pretendere di essere delle persone responsabili e indipendenti.
La regia di Filippo Dini
Filippo Dini dirige l’iconico dramma di Ibsen vestendo i panni del protagonista, insieme alla Nora di Deniz Özdoğan. Con loro un cast superlativo, tutti bravi a caratterizzare i diversi personaggi che si muovono sulla scena dell’unica stanza di casa Helmer dove domina un albero (quello dell’Eden, ndr). Il regista non cerca una supremazia finale della donna, ma cerca nel dramma un punto di incontro per capirsi, per dialogare e far pace con l’altro sesso. A Dini non interessa il manifesto femminista: pone sulla stesso piano le incomprensione dell’uomo e della donna. E quando Nora va via lo sguardo di Torvald non è di rancore, ma di speranza che in qualche maniera lascia trapelare la moglie mentre esce dalla porta. Filippo Dini riesce con maestria a tratteggiare un Torvald che non è più un marito pedante e ottuso alle prese con una sposa-bambina da conservare sotto una campana di vetro; diventa, piuttosto, la figura che accompagna Nora lungo il percorso di progressiva consapevolezza che la porterà a conquistare la propria indipendenza. L’apice di questa inedita presa di coscienza è rappresentata dalla lunga tarantella che la protagonista balla alla fine del primo atto. La Özdoğan si esprime con un’energia incredibile. La sua interpretazione di Nora è eccezionale. Dini è perfetto nel suo ruolo che “aggiusta” per la sua regia Andrea Di Casa si cala perfettamente nel viscido ma che poi si riscatta Krogstad. Perdetti nei loro ruoli Fulvio Pepe, Eva Cambiale e Orietta Notari. La pomeridiana del sabato non è da sold out, ma gli applausi sono copiosi e sinceri.
Qui il trailer dell’opera:
https://www.youtube.com/watch?v=5cVMIu7eysA